Il pensionamento fa meglio all'uomo.

Una volta in pensione le donne se la passano peggio degli uomini. Lo dice un rapporto dello University College di Londra che ha esaminato i dati dell'English Longitudinal Study of Ageing, un ampio studio demografico sulla popolazione britannica. Alla fine della vita lavorativa, inizia una stagione diversa per lui e per lei. Gli uomini invecchiano meglio e quelli dopo i 65 anni sono anche piu' felici degli altri, mentre le donne hanno piu' problemi di salute e non solo.
''Le donne anziane hanno piu' probabilita' di vivere in solitudine, perche' gli uomini muoiono prima'', e' il primo commento di Michael Marmot del Dipartimento di Epidemiologia e Salute Pubblica, uno degli autori della ricerca. ''Inoltre le donne hanno anche il compito di accudire i membri della famiglia che hanno problemi di salute'', conclude l'esperto.

Il cervello continua a crescere.

Il cervello continua a svilupparsi anche dopo i 40 anni, per crescere ha però bisogno di un ambiente stimolante. Questa è la conclusione di una ricerca tedesca condotta da alcuni studiosi dell'Eppendorf University Hospital di Amburgo e della University Hospital di Jena. I dettagli dello studio sono stati pubblicati sul Journal of Neuroscience (Luglio 2008).

Attraverso la tomografia computerizzata (TAC), una metodica diagnostica che usa i raggi X e un computer per visualizzare in maniera dettagliata le strutture interne del corpo umano, in questo caso il cervello, sono stati esaminati, per un periodo di tre mesi, 44 volontari con un età compresa tra i 50 e i 67 anni.

I ricercatori hanno chiesto ai volontari di apprendere alcuni giochi di prestigio. Durante l'intero periodo del test, man mano che i volontari facevano dei progressi nell'apprendimento dei giochi, si seguiva l'evoluzione del cervello attraverso la tomografia computerizzata. Dall'analisi delle immagini si è potuto constatare che un progresso negli esercizi era legato ad uno sviluppo del cervello. Gli esperti hanno notato anche un altro aspetto interessante, le persone che avevano interrotto gli esercizi hanno subito una leggera diminuzione della materia grigia, che presiede alle funzioni nervose del cervello.

In base ai dati raccolti dalla ricerca tedesca, si può ipotizzare che le trasformazioni celebrali continuino anche in età avanzata sempre che si tenga il cervello in allenamento.

Alexander Lowen

“Se si ha la volontà di accettare la realtà della vita, si vive più a lungo. Questo mi ha permesso di raggiungere 93 anni di età. Ero stato educato a dare valore alla mente e all’intelletto, non al corpo. Dare la preferenza alla mente andava contro la mia natura. Risanare la
separazione tra la mia mente e il corpo è stata la sfida della mia vita
. Nei 60 anni in cui ho praticato la psicoterapia, ho imparato che il
percorso verso la salute emozionale passa attraverso il corpo
. L’obiettivo fondante dell’Analisi Bioenergetica è sempre stato quello di
guarire la separazione tra mente e corpo”.

Alexander Lowen, dalla sua autobiografia Honoring the Body

La felicità inizia a 50 anni. Provare per credere!

Ansia, preoccupazioni e stress sembrano abbandonare la scena a partire dai 50 anni, lasciando spazio alla saggezza, alla serenità e a un miglior modo di affrontare la vita. A dimostrarlo è stato uno studio pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

“I nostri risultati sono impressionanti”, ha dichiarato l’artefice dello studio Arthur Stone della Stony Brook University di New York. Malgrado l’incremento delle malattie e degli “acciacchi” legata all’età avanzata, le persone al di sopra dei 50 sembrano ignorare i problemi e si dimostrano più ottimisti e ben disposti nei confronti della vita.

Da un’analisi condotta su 340 mila individui di diversa età ed estrazione sociale, Arthur Stone e i colleghi hanno dimostrato che l’emozioni positive e negative variano con il procedere dell’età, anche se le donne mostrano, in genere, livelli più elevati di stress rispetto agli uomini. Emozioni come la rabbia e l’ansia, tuttavia, diminuiscono sostanzialmente a partire dai 50 anni in età in entrambi i sessi, lasciando spazio alla felicità e a un maggiore ottimismo.

Dopo la mezza età, “le persone si focalizzano sulle cose buone della vita come la famiglia e gli amici”, affermano i ricercatori. Il livello di felicità, inoltre, non sembra risentire di variabili come la condizione di lavoro o il fatto di avere o meno dei figli a carico. Ciò che influisce sulle emozioni in questi casi, sostiene Arthur Stone, è il fatto di saper regolare le emozioni e saper osservare il mondo dal lato positivo, riportando alla memoria solo gli eventi piacevoli. E la saggezza, forse, sta proprio in questo.

Fonte ricerca: Stone AA et al. A snapshot of the age distribution of psychological well-being in the United States. PNAS; 17 maggio 2010. doi:10.1073/pnas.1003744107
Fonte articolo: OPS online

Milano è il nuovo regno degli ultrasessantacinquenni .

La popolazione in Provincia di Milano invecchia a un ritmo costante: in particolare gli over 65 in dieci anni, dal 1999 al 2009, sono passati dal 17 al 20,51 per cento. Nel 2020 un abitante su 4 avrà più di 65 anni. E' uno dei dati emersi nella Seconda relazione sociale della Provincia di Milano assessorato alle Politiche sociali che sarà presentata ufficialmente in occasione del convegno "Crescere a Milano Seconda Relazione Sociale della Provincia di Milano" (lunedì 24 maggio). Addirittura a Milano gli over 65 sfondano la soglia del 24 per cento.

Il tasso di natalità (su mille abitanti) è in calo rispetto al trend degli anni precedenti: la media provinciale nel 2009 è del 9,9 contro il 10 del 2008. Tra i paesi più giovani spiccano i Comuni dell'ambito di Paullo (con il 7,03% della popolazione tra gli 0-5 anni), mentre si fanno pochi figli a Milano, con il 5,41% di popolazione 0-5 anni. E sono sempre più "vecchi" i genitori al momento della nascita del primo figlio: 31,8 anni per le donne, 35,4 anni per gli uomini.

Effetto anche della crisi che tende a creare famiglie con un solo figlio. Del resto nel 2009 solo in Provincia di Milano si sono persi 20mila posti di lavoro. E rispetto al 2008 i contratti a tempo indeterminato sono passati dal 31,3% del totale al 21,5, con una contrazione di 10 punti.

Fonte: Virgilio.it

Sesso, felicità e cioccolato non devono mancare, perché...

Sesso, felicità, un po' di cioccolato, un Oscar e un conto in banca mai in rosso sono elisir della longevità. Le persone felici, con una vita sessuale attiva, senza debiti, che non si negano un cioccolatino e un bicchiere di vino, sono decisamente vincenti. Rinunciando alle sigarette possono, in teoria, vivere fino a 114 anni.
A calcolare con precisione quanti anni di vita in più si possono accumulare adottando comportamenti sani sono una serie di studi internazionali, pubblicati dal quotidiano britannico 'The Independent'. Gli scienziati dell'Università di Harvard, ad esempio, hanno monitorato 600 persone per 60 anni, scoprendo sette fattori chiave per capire quanto bene invecchieremo: evitare l'abuso di alcolici, non fumare, avere un matrimonio stabile, fare regolarmente attività fisica, mantenere il peso forma, sviluppare strategie per affrontare lo stress e curare l'istruzione.

"Invecchiare bene non è semplicemente una questione di geni o di destino. Fare scelte sane può aprire la strada a una vita lunga e vitale", hanno detto i ricercatori. In pratica, si tratta di semplici buone abitudini capaci di aumentare la durata della vita di qualche anno. Sommando tutti gli anni in più frutto di tante sane abitudini, si arriva facilmente a 114 anni.

Mangiare cioccolato fondente regala due anni di vita in più, mentre fare tanto sesso fino a 2,5 anni in più.
E ancora: essere religiosi o avere tanti amici prolunga la vita di tre anni, e mangiare pochissima carne ne dà 3,6 in più. Per i maniaci di tuta e scarpe da ginnastica ecco poi una buona notizia: restare attivi, secondo un team di studiosi olandese, ci fa vivere fino a 3,7 anni in più. Mentre quattro anni spetteranno a chi si concede ogni giorno un po' di vino, ricco di sostanze antiossidanti. Altri 4,1 anni vanno a chi può vantare pressione e il colesterolo bassi. Cinque anni, invece, se li aggiudica chi è istruito, ma anche chi gioca a golf. Ben 6,6 anni in più vanno a chi mangia sano, 7 a chi perde peso e altrettanti a chi pensa positivo (per i pessimisti l'effetto è opposto).

Inoltre non fumare regala da otto a dieci anni in più
, altri 10 anni vanno agli uomini che decidono di sposarsi e altrettanti alle persone felici (che oltretutto sembrano meno vulnerabili nei confronti del morbo di Alzheimer). Inoltre chi cambia stile di vita, adottandone uno più sano, guadagnerà 14 anni. Mentre il record di 20 anni in più va alle persone che non hanno debiti e vivono in quartieri ricchi.

Il segreto dei centenari? La pressione bassa.

Uccidendo il presidente americano Franklin Delano Roosevelt, fulminato da un ictus nel 1945 poco dopo la conferenza di Yalta, l'ipertensione ha cambiato i destini del mondo reduce dalla II guerra mondiale. Ma combattere la pressione alta, prima causa di morte nel pianeta, può anche allungare la vita. Lo dimostrano studi condotti sugli ultracentenari: 'supernonni' che vantano "valori di pressione bassissima nell'arco delle 24 ore, con una differenza quasi nulla tra i livelli diurni e quelli notturni". Parola di Giuseppe Mancia, direttore della Clinica medica e del Dipartimento di medicina clinica all'università degli Studi di Milano-Bicocca, intervenuto oggi nel capoluogo lombardo a un incontro promosso da Novartis per il lancio nazionale di un nuovo farmaco contro l'ipertensione.

"Quando Roosevelt morì, il New York Times gridò al 'fulmine a ciel sereno'", ricorda Mancia. "Gli americani si stupirono perché in apparenza il loro presidente stava benissimo, però i documenti ufficiali ci dicono che aveva la pressione alla stelle e già durante il summit di Yalta con Stalin soffriva di encefalopatia ipertensiva". Un aneddoto utile a ricordare come l'ipertensione alta sia un killer silenzioso. Tanto che, su 15 milioni di italiani ipertesi, almeno 3 milioni non sanno di esserlo perché non hanno alcun sintomo. Ma giocare l'anticipo, prevenendo i danni a reni, cuore e cervello prima che si manifestino, è una parola d'ordine.

"Se oggi l'aspettativa di vita media in Italia è pari a 84,1 anni per le donne e a 79,5 anni per gli uomini (ultimi dati Istat), è innanzitutto merito delle terapie contro le malattie cardiovascolari, in primo luogo di quelle contro la pressione alta - sottolinea Massimo Volpe, direttore della Cattedra di cardiologia dell'università La Sapienza di Roma - Dal 1970 a oggi abbiamo guadagnato 7 anni di vita in più, e per il 70% questo traguardo è stato determinato dalle cure contro le patologie cardiovascolari".

Ad aggiungere un'altra tessera nel puzzle dei rapporti tra pressione bassa e longevità è stato poi un recente studio italiano, firmato dal team di Giuseppe Remuzzi dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Bergamo. Gli autori hanno osservato che topi 'Ogm' privi dei recettori per l'angiotensina, sostanza chiave nella cascata di eventi che scatenano la pressione alta, vivono il 30% in più rispetto agli altri. Evidenze ottenute per ora soltanto su questi roditori 'matusalemme' geneticamente modificati per l'occasione, ma che fanno sperare in un futuro più longevo anche per gli uomini.

E soprattutto alla luce del progressivo invecchiamento della popolazione, che "nel 2050 porterà ad avere un numero di 'over 80' pari a un quarto del totale anziani", precisa Mancia, la lente di ingrandimento degli scienziati è puntata proprio sulle pillole antipertensive. Possibili 'elisir di lunga vita', anche se tutto è ancora da dimostrare con indagini ad hoc comunque già avviate.

"La ricerca si sta concentrando sulla terapia antipertensiva negli anziani ultraottantenni - continua lo specialista - e sulla possibilità di prevenire con questi trattamenti" non solo i danni cerebrali, cardiovascolari e renali, ma addirittura la demenza che interessa il 20% degli over 80. "Per esempio - conclude Mancia - uno studio in corso su aliskiren", ingrediente del medicinale presentato oggi a Milano e capofila di nuova classe terapeutica (inibitori diretti della renina), "sta valutando un possibile effetto del farmaco nella prevenzione delle disfunzioni di tipo cognitivo".

Fonte: www.adnkronos.it (adnkronos-salute)

Elogio dell'imperfezione.

Questo articolo, a firma di Bettina Rheims (una fotografa straordinaria, che ha immortalato la bellezza di donne bellissime, vip e non, degli ultimi trent'anni) è pubblicato sullo speciale bellezza del Corriere della Sera).

Aveva poco meno di vent’anni, Monica Bellucci, quando la incontrai per la prima volta. Non era ancora famosa, faceva la modella e la sua carriera di attrice era all’inizio. Mi colpì molto. La sua non era semplice bellezza, era qualcosa di più: Monica era (ed è tuttora) una donna generosa, aperta agli altri. Credo che la bellezza sia questo: vivere al di fuori di se stessi, entrare in comunicazione con l’altro da sé, avere la capacità di darsi. È solo così che un bel volto smette di essere solo un bel volto e diventa qualcosa di universale.

Nella mia lunga carriera di artista ho fotografato centinaia di donne. La bellezza femminile ancora oggi mi incuriosisce proprio per la sua complessità. E ad attrarmi è soprattutto l’imperfezione: è la «mancanza» che ci attira. È la lacuna che ci richiama a sé, lasciando il vuoto necessario affinché entri «l’altro». La bellezza, per esistere, ha bisogno di fantasia. Perciò, a distanza di secoli, la Gioconda continua a far impazzire il mondo. Ecco perché, secondo me, oggi possiamo considerare Kate Moss come massima espressione della bellezza. È una bellezza imperfetta perché viviamo in un mondo imperfetto. O, meglio, difficile: non è facile oggi per i giovani vivere, lavorare, amare. E la bellezza diafana e fragile di questa donna rappresenta il mondo attuale. La fragilità e la complessità: Kate impersona le contraddizioni di cui tutti, oggi, siamo intimamente consapevoli. Trent’anni fa avevamo Catherine Deneuve: elegante, sofisticata, emblema di un mondo più accomodante per i giovani capaci e di belle speranze.

Ma le icone cambiano, i simboli si adeguano. Ci sono donne che riescono ad invecchiare senza risentimento e restano belle per tutta la vita. Altre che, invece, si vedono sfiorire, consumate dalle disillusioni. Credo che amare la vita, continuare ad avere fiducia, ci mantenga belli. L’ambizione a rimanere sempre giovani non ci preserva, anzi, ci erode. Ci sono donne che vivono stagioni di massimo splendore. Ricordo che incontrai Sharon Stone all’epoca di Basic Istinct e, con la consumata esperienza di chi ha fatto della bellezza una professione, posso dire che lei è stata (in quel momento) la donna più bella che io avessi mai visto. Sharon splendeva, letteralmente. Riluceva di un calore impercettibile, che non è solo fascino: è consapevolezza, è intelligenza. È il saper cogliere il momento: in ognuna di noi ci sono delle stagioni propizie. Riconoscerle è un’arte.

Fonte: www.corriere.it/cronache/08_novembre_03/

Gente allegra il ciel l'aiuta (e anche la biologia ;-)

Una ricerca effettuata sul morbo di Alzheimer e sull'invecchiamento durata 15 anni suggerisce che il pensare positivo può tenere lontano la tanto temuta malattia e forse anche allungare la vita.

I risultati dello studio, che ha avuto come protagoniste le suore di un convento, sono stati pubblicati sulla rivista The Journal of Personality and Social Psychology. Che l'espressione di emozioni come la depressione o l'ostilità potessero portare a delle vere e proprie malattie è sempre stato noto. Secondo gli scienziati, uno stato emozionale negativo può avere nel tempo effetti cumulativi sul corpo.

Il professor David Snowdon, dell'Università del Kentucky, ha studiato fin dal 1986 un gruppo di 678 suore che ha accettato di sottoporsi al suo esperimento. Tutte le partecipanti allo studio si sono sottoposte a valutazioni fisiche mentali e, inoltre, hanno deciso di regalare, dopo la morte, il loro cervello al gruppo di ricerca.

Lo studio ha prodotto numerosi risultati, tra cui le prove che un ictus o un trauma cranico possono aumentare le probabilità di un individuo di soffrire di morbo di Alzheimer più tardi nel corso della vita. I risultati più interessanti sono stati ottenuti però studiando le biografie scritte da numerose suore quando avevano poco più di 20 anni.

Gli scienziati hanno trovato per prima cosa che le suore che si erano espresse in modo più complesso hanno poi avuto meno probabilità di mostrare segni di Alzheimer quando sono invecchiate. In questo modo, studiando le funzioni mentali di un individuo giovane dovrebbe essere possibile prevedere con una grande accuratezza le sue probabilità di sviluppare il morbo di Alzheimer. Gli scienziati hanno però studiato le autobiografie anche alla ricerca di parole come “felice”, “gioia”, “amore” e “speranza”. In questo modo, Snowden ha scoperto anche che le suore che hanno espresso le emozioni più positive da giovani hanno poi vissuto in media 10 anni delle altre.

Due italiani su tre non hanno paura di invecchiare. Uno invece vive con tante paure...

Saremo anche una delle nazioni con il maggior numero d’anziani, la pensione sarà diventata il sogno dei pochi lavoratori “regolarmente” stipendiati ma l’arrivo delle rughe, dei capelli bianchi e dei primi acciacchi sono tra i pensieri ricorrenti che angosciano un italiano su tre.
A darci delucidazioni sull’argomento l’indagine condotta da Astra Ricerche, per conto della Bayer, e che ha coinvolto un campione di italiani dai 18 ai 79 anni.
Nel dettaglio, per un quadro specifico, il presidente di Astra Ricerche Finzi ha riferito “Solo il 26% degli intervistati vive benissimo la prospettiva di invecchiare. Anzi ne è felice, sostituendo alla cultura del “purtroppo” (purtroppo non posso più fare questa cosa o quell'altra) alla filosofia del “finalmente” (finalmente ho più tempo per dedicarmi a me stesso, ai miei cari e alle mie passioni.

C’è un 34% di italiani angosciato dall'ansia di diventare vecchio. E addirittura un 9% di connazionali che dichiara di sentire ogni giorno il “ticchettio” del tempo che passa” aggiungendo quali sono, in percentuale, le paure di chi non desidera invecchiare “il 76% di perdere la propria autonomia, il 72% di ammalarsi, il 62% di restare solo (62%), il 74% di non riuscire più a muoversi senza aiuto, il 71% di non ricordare cose importanti, il 70% di non poter più svolgere in autonomia attività come lavarsi, il 69% di uscire, il 64% di bere e mangiare e il 56% di non essere in grado di fare l'amore”.

Se mi fosse dato di rivivere la mia vita...

"Se mi fosse dato di rivivere la mia vita, la prossima volta mi piacerebbe fare più errori. Mi rilasserei. Farei più riscaldamento, prima di correre. Sarei più matta di come sono stata stavolta. Prenderei meno cose sul serio. Coglierei più occasioni: scalerei più montagne, nuoterei in più fiumi. Mangerei più gelati e meno fagioli. Forse avrei più problemi, ma ne avrei meno di immaginari. Vedete, io sono una di quelle persone che ha vissuto in maniera ragionevole e sana, ora dopo ora, giorno dopo giorno. Certo, ho avuto i miei bei momenti anch’io… e se dovessi ricominciare da capo ne avrei di più. Di fatto cercherei di avere solo quelli: solo momenti, uno dopo l’altro, invece di vivere così tanti anni un giorno dopo l’altro. Sono stata una di quelle persone che non va mai da nessuna parte senza un termometro, una borsa dell’acqua calda, un impermeabile e un paracadute. Se dovessi ricominciare da capo viaggerei più leggera. Se dovessi rivivere la vita di nuovo comincerei ad andare a piedi nudi all’inizio della primavera e smetterei in autunno. Andrei a più feste da ballo. Darei inizio a più girotondi. Coglierei più margherite. Vivrei di più ogni singolo istante."
Nadine Stair a 85 anni

Riportato in: Ram Dass, Cambiamenti. Accettare la vecchiaia e riscoprirne la ricchezza, Corbaccio, 2005

Porca miseria, quanto è bella la vita!

Intervista* di STEFANO CASELLI e DAVIDE VALENTINI ad Andrea Camilleri pubblicata da La Stampa.

Giovane è ormai una categoria dagli incerti contorni anagrafici e dalle fragili coordinate di significato. Nel ventesimo secolo giovane è stato forse chi ha avuto la possibilità di scegliere. La scelta era rivoluzione, molto spesso era errore. Sicuramente collisione. Oggi - dove tutto sembra già essere stato scelto, e anche sbagliato - contro che cosa possono collidere i giovani? Ne parliamo con Andrea Camilleri.

Lei di giovani ne ha visti invecchiare tanti...
Nel ventesimo secolo l’essere giovani comportava una libertà di collisione, il giovane aveva davanti a sé una quantità tale di rotte diverse da intraprendere, che le collisioni erano quasi inevitabili. Oggi la situazione è completamente diversa: la collisione è contro tutta la realtà che circonda un giovane. Collidere è l’unica scelta. Perché la possibilità di non collisione, nella maggior parte dei casi, oggi in Italia, è una possibilità di collusione. Il che altera sensibilmente le prospettive della gioventù, che ne ha pochissime... Cosa vede oggi un giovane? Non la nebbia e la sparizione, vede la scomparsa immediata, come un gioco di prestigio, non ha neanche il tempo di prepararsi, abituarsi psicologicamente alla perdita.

Storicamente si associa l’anzianità alla saggezza, e dunque alla memoria. Invece questo Paese che invecchia la memoria la perde. Perché? L’Italia è un paese di smemorati, non ha mai avuto memoria. Non ha il senso del suo passato. L’autonomia della memoria, per un italiano, è sì e no un mese. Se si tratta di un fatto di cronaca nera, terribile, alimentato dai vari Porta a porta, Matrix eccetera, allora la memoria persiste. Ma perché persiste? Non per il fatto in sé. Ma perché l’italiano si divide immediatamente in innocentista e colpevolista. A priori, semplicemente perché quel presunto colpevole porta i baffi o non li porta. Ha gli occhi azzurri o no. E in Italia rimangono innocentisti o colpevolisti sia che si venga condannati dalla suprema Corte di Cassazione, sia che si venga assolti. Gli italiani hanno solo memoria per le loro squadre di calcio. La vera memoria storica degli italiani è il calcio.

...farebbe bene, Andrea Camilleri, a invecchiare un po’ di più. Ho preso la vecchiaia senza nessuna crisi, sono molto pragmatico. Mi è stato dato un ticket, che si chiama nascita e dentro ci sono alcune camurrie. C’è la cosa bellissima che è la giovinezza, la maturità, poi ci sono anche le malattie, la vecchiaia e la morte. Tutto compreso nel biglietto, come dicono i bravi venditori.

E quindi è inutile ribellarsi, è nel biglietto. è inutile farsi venire l’esaurimento nervoso o la depressione perché non puoi più andare con le ragazze. Non è più cosa. Bisogna trovare altri affetti e altri sfoghi. E ci sono, ve lo assicuro.

Tuttavia veder un po’ nero credo sia doveroso nella vecchiaia. Alfieri diceva “l’umor nero del tramonto”. Non c’è bisogno di arrivare fino a quel punto, ma almeno essere un po’ pessimisti. Io, però, non riesco a esserlo. Accetto la vecchiaia fisica ma non accetto la vecchiaia mentale. Non riesco. Ho una testa malata, di trentenne che dice “Però, porca miseria, quanto è bella la vita. Si può scrivere un nuovo libro”. Forse farei bene a trattenermi un pochino.

Per leggere l'intervista integrale pubblicata da La Stampa cliccare qui

Lavorare stanca? Certo, ma mantiene più giovani...

Un'altra ricerca arriva a dimostrare ciò che, istintivamente, ognuno di noi sa: lavorare stanca, ma mantiene in migliore(e maggiore) salute fisica e mentale. Continuare a lavorare dopo il pensionamento, anche solo mezza giornata o a giorni alterni, sembra avere degli effetti profondamente benefici sullo stato di salute degli anziani. A dimostrarlo è una ricerca apparsa sulla rivista Journal of Occupational Health Psychology.

Da uno studio condotto dall'Università del Maryland su un campione di 12.000 uomini giunti all'età pensionabile è emerso che coloro che continuano a lavorare, anche saltuariamente o con occupazioni leggere, hanno minore rischio di malattie come il diabete, l'ipertensione, le malattie polmonari, l'ictus ischemico, i tumori, l'artrite reumatoide e i disturbi di natura psichiatrica rispetto ai coetanei più attivi.

L'autore dello studio, lo psicologo Mo Wang, ha dichiarato che: “Quando si ha un lavoro, si mantiene un impegno giornaliero, si compie più attività fisica, si aumentano le risorse economiche, si mantengono le relazioni sociali e si ha l'opportunità di apprendere nuove abilità incrementando l'autostima e il senso di identità sociale”. Ma attenzione: è bene controllare lo stress e la tensione. Meglio pertanto proseguire con un'attività che già si conosce e ben si padroneggia: diventa più facile sentirsi a proprio agio e padroni del mestiere.

Fonte: Zhan Y et al. Bridge Employment and Retirees' Health: A Longitudinal Investigation. Journal of Occupational Health Psychology; ottobre 2009.
Fonte: yahoo.salute
Foto: http://www.flickr.com/photos/isayx3/3748835100/

Chi è l'anziano, oggi?

Arrigo Levi, nel suo libro “La vecchiaia può attendere”, ha dato una definizione interessante. Ha descritto gli anziani come “

alieni arrivati non da un altro pianeta, ma usciti dalle pagine di una storia nuova che si sta appena scrivendo
”.

Buona scrittura a tutti!

Bottiglia e droga contro la fatica del vivere. A tutte le età.

Anche gli ultrasessantenni amano lo sballo. Spesso soli, con problemi di salute e difficoltà economiche, si rifugiano nella bottiglia, nei farmaci che leniscono l'ansia e anche nelle droghe come la cocaina. Ben 2,5 milioni di 'over 65' italiani sono a rischio abuso di alcolici, medicinali e sostanze illegali. In aumento del 10% rispetto a un anno fa, con una stima di crescita di un terzo entro dieci anni. Lo rivelano gli esperti riuniti per il X Congresso della Società italiana di psicogeriatria, a Gardone Riviera (BS) dal 15 al 17 aprile, sottolineando che i cambiamenti della società stanno profondamente influenzando il pericolo di abuso nella terza età, spesso poco conosciuto e sottovalutato.
"E' in crescita - spiega Marco Trabucchi, presidente della Società italiana di psicogeriatria - il fenomeno delle separazioni tra coniugi anche in età avanzata, evento nuovo che ha effetti devastanti sulla psiche dell'anziano, in particolar modo della donna. Le anziane casalinghe bevono molto, quando non hanno interessi familiari e sono sole, e fanno spesso un uso inappropriato o eccessivo di analgesici oppioidi, ansiolitici e sedativi". In molti casi, l'unica compagnia è la pasticca o la bottiglia.
Per Trabucchi, inoltre, "le difficoltà economiche incidono sulla possibilità di avere attività sociali, così come il pensionamento: la 'sindrome della perdita di senso', collegata con la fine del lavoro, comporta spesso depressione e la sensazione di essere inutili. Così, l'alcol e lo stordimento dato dai farmaci assunti in modo inappropriato o addirittura dalle droghe diventano un rifugio per molti". Si stima che oggi siano circa 10.000 gli anziani che consumano cocaina o altre sostanze come marijuana e anfetamine.
Un milione di persone con più di 65 anni beve ogni giorno due o più bevande alcoliche: l'80% sono uomini e il 20% donne. A eccedere con la bottiglia soprattutto gli anziani fumatori o ex fumatori: fra loro ben il 93% è a rischio alcolismo. Forti bevitori anche gli anziani in sovrappeso o obesi (46%). "Il problema - avverte l'esperto - è la quantità. Non si dovrebbero bere più di due bicchieri al giorno. Le conseguenze dell'abuso di alcolici sono infatti molto gravi: dei circa 35.000 decessi l'anno per patologie correlate all'alcol, come malattie cardiovascolari, tumori e cirrosi epatica, oltre 16.000 riguardano persone con più di 65 anni".

Non solo. "Gli incidenti stradali fatali che coinvolgono gli 'over 75' - prosegue Trabucchi - sono in aumento e il loro numero è sostanzialmente uguale a quello fra gli 'under 24'. Analoghe anche le dinamiche, visto che il 12% degli anziani si mette alla guida dopo aver bevuto due o più bicchieri di vino. Spesso, poi, agli effetti negativi dell'alcol si aggiungono quelli dei farmaci assunti in modo inappropriato". Ben un anziano su 10 assume cinque o più farmaci psicoattivi al giorno: analgesici oppioidi, ansiolitici e sedativi.
"Gli anziani finiscono per prendere sempre più medicinali, in un incremento esponenziale che deriva anche dalla necessità di placare le ansie dovute alla solitudine e alle difficoltà economiche. Molti aumentano le dosi e fanno scorta di medicinali, sfuggendo di fatto al controllo del medico - spiega Trabucchi - Il metabolismo dell'anziano è però più lento rispetto a quello degli adulti e i suoi organi sono anche più sensibili agli effetti dei farmaci: cresce così la probabilità che si sviluppi una vera e propria dipendenza". Spesso, avverte, "ciò avviene in chi già assume farmaci in numero elevato per motivi clinici (talvolta si arriva anche a 12-15). Si può quindi creare un 'cocktail esplosivo' con danni a fegato, reni e a cervello in persone peraltro già fragili a causa delle loro multiple malattie".
Articolo ripreso integralmente da ADNKronos Salute del 17 aprile 2010

Preghiera di una monaca inglese del diciassettesimo secolo.

Signore, tu sai meglio di me che io sto invecchiando e che un giorno sarò vecchia. Tienimi lontana dall’abitudine di pensare di avere sempre qualcosa da dire su ogni argomento e in ogni occasione. Liberami dal desiderio di sbrogliare gli affari di tutti. Rendimi disponibile, ma non senza senno, capace di aiutare ma non autoritaria. Con la mia vasta provvista di saggezza potrebbe sembrare un peccato non usarla tutta, ma tu sai, Signore, che io desidero avere alcuni amici alla fine.
Trattieni la mia mente dal racconto di dettagli infiniti; dammi ali per arrivare al punto cruciale. Sigilla le mie labbra sui miei dolori e mali fisici. Essi sono in aumento e la tentazione di riversarli diventa sempre più dolce man mano che gli anni passano. Non oso chiedere la grazia sufficiente per domandare di apprezzare il racconto dei mali altrui, ma aiutami a sopportarli con pazienza.
Non oso chiedere una memoria che migliori, ma un po’ più di umiltà e meno testardaggine quando la mia memoria sembra cozzare con quella degli altri. Insegnami la gloriosa lezione che in qualche occasione posso avere torto.
Mantienimi ragionevolmente mite; non voglio essere una santa – con alcuni di loro è così difficile convivere – ma una persona vecchia e acida è uno dei capolavori del demonio.
Dammi la capacità di vedere cose buone in luoghi inaspettati e talenti in persone inaspettate. E dammi, o Signore, la grazia di dirglielo.
Amen

Fonte: riportato da Alba Marcoli, Passaggi di vita. Le crisi che ci spingono a crescere, Mondadori, 2003
Foto: courtesy of Flickr (http://www.flickr.com/photos/olahus/224976050/)

La vita, una partita a dadi o un cantiere sempre aperto?

"Il trascorrere del tempo non dovrebbe essere quindi considerato in se stesso come il nemico della speranza, poiché la vita è quella che ciascuno di noi si costruisce. La perdita di alcuni, ma certamente non di tutti i nostri attributi socialmente ed economicamente significativi, che comincia ad avvertirsi poco dopo i vent’anni e continua ad un ritmo estremamente graduale fino a quando si superano i settanta o gli ottanta, non conosce alcun episodio di declino improvviso o catastrofico né nelle prime fasi del processo né in quelle più tarde, quanto meno fino all’episodio finale. “Monotonico” è il termine usato per descrivere tale processo: si tratta cioè di un movimento che – qualunque sia l’intervallo, anche minimo, che viene considerato – appare sempre discendente, mai ascendente, e pertanto perfettamente consono a quella che è la più notevole caratteristica della personalità umana, vale a dire la capacità strategica di adattamento nel tempo.

L’età è una sfortuna, né più né meno inevitabile delle altre sfortune della vita che Machiavelli aveva in mente nel suo famoso capitolo del Principe intitolato Quanto possa nelle umane cose la Fortuna, e in che modo se gli possa obstare: “la fortuna è donna” scrive Machiavelli, con la sua caratteristica fallocratica misoginia “ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla”.

Peter Laslett, Una nuova mappa della vita. L’emergere della terza età, Il Mulino Universale Paperbacks 1992
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Chi ha fede deve esser attivo e fecondo, fino all'ultimo respiro.

Giovanni Paolo II nell'enciclica Cristol fidels Laici ha scritto:

Voi anziani non dovete sentirvi elementi passivi di un modo in eccesso di movimento, ma soggetti attivi di un periodo umanamente e spiritualmente fecondo dell’esistenza umana.
Avete ancora una missione da compiere, un contributo da dare. Secondo il progetto divino ogni essere umano è una vita in crescita, dalla pura scintilla dell’esistenza fino all’ultimo respiro”.


Queste sono parole coerentemente in linea con quelle che Karol Wojtiya aveva pronunciato il 22 ottobre 1978, in occasione dell'omelia per l'inizio del suo Pontificato:

(...) Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa “cosa è dentro l’uomo”. Solo lui lo sa! Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro, nel profondo del suo animo, del suo cuore. Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra. È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione. Permettete, quindi – vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia – permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita, sì! di vita eterna. (...)

Trova il tempo.

Trova il tempo di pensare
Trova il tempo di pregare
Trova il tempo di ridere
È la fonte del potere
È il più grande potere sulla Terra
È la musica dell’anima.Trova il tempo per giocare
Trova il tempo per amare ed essere amato
Trova il tempo di dare
È il segreto dell’eterna giovinezza
È il privilegio dato da Dio
La giornata è troppo corta per essere egoisti.

Trova il tempo di leggere
Trova il tempo di essere amico
Trova il tempo di lavorare
E’ la fonte della saggezza
E’ la strada della felicità
E’ il prezzo del successo.

Trova il tempo di fare la carità
E’ la chiave del Paradiso.

Poesia di Madre Teresa incisa sul muro della Casa dei Bambini di Calcutta
Foto in alto: Ashley S. Goodwin (Flickr)
Foto in basso: *Rx* (flickr)

Scoprire la primavera in autunno.

Pablo Neruda ha scritto che "Nascere non basta. E' per rinascere che siamo nati. Ogni giorno".
Innamorarsi della vita (e forse anche un po' di sé) è un lavoro che richiede tanta fatica, a volta tutta una vita. Chi ci riesce, può scoprire che la vita è un'avventura sempre imprevedibile, con potenziali sorprese quando meno te le aspetti. E la più grande meraviglia è la primavera a novembre, nel cuore dell'autunno. Dedicate a tutte le donne che hanno il coraggio di rinascere le parole di Jack Folla.

Le rughe


“Le rughe dovrebbero indicare soltanto dove sono stati i sorrisi”
Anonimo

Foto: parade in the sky

Omeopatia ed invecchiamento

Racconta una storia indiana che nei tempi antichi alcuni invasori seppero che c'era una sorgente la cui acqua se bevuta, dava l'immortalità. Dopo molte ricerche furono guidati da un anziano eremita in un posto nascosto. Arrivati lì, mentre stavano per bere l'acqua una voce flebile li invitò a fermarsi. Essa veniva da un uomo molto vecchio e quando gli chiesero la ragione del suo avvertimento egli disse: “guardatemi, son infermo e soffro gli effetti della vecchiaia, ma poiché ho bevuto da questa sorgente e ho acquistato l'immortalità, la morte pietosa non può sollevarmi dalle mie sofferenze. Li guidò ad un altro posto dove c'era una pianta, che aveva il potere di mantenere sempre giovani. Quando raggiunsero quel luogo sentirono un'altra voce che li metteva in guardia. Questa veniva da alcune persone che avevano mangiato della pianta ed ora non ne potevano più della turbolenza e delle lotte della gioventù.
La morale è evidente: ogni fase della vita ha i suoi aspetti positivi e negativi ed è una benedizione che ciascuna di esse non sia eterna. L'uomo deve sviluppare una filosofia che lo aiuti ad accettare di buon grado i cambiamenti che avvengono col passare del tempo, cosicché, come matura negli anni, possa anche maturare nel suo profondo.
In questo modo egli potrà incarnare l'idea di Hahnemann che la vita dell'uomo sia consacrata ai “più alti scopi della sua esistenza”.

Oggi il tema della geriatria e della gerontologia viene studiato con molti mezzi e con utili iniziative che stimolano l'anziano a desiderare il piacere sereno di vivere la vita.
L'omeopatia ha un ruolo molto importante nella tematica della geriatria e al pessimismo senza speranza che dice” se il vecchio potesse e il giovane sapesse” essa contrappone convinta una realtà di possibile, costante, realizzazione espressa dal bellissimo pensiero di J.A. Garfield: “ se le rughe devono essere scritte sulla nostra fronte, non lasciamo che siano scritte sul cuore”. Lo spirito non può invecchiare e come nel pensiero di Sir R.Steel, “un vecchio sano che non sia sciocco è la più felice creatura vivente”.

L'omeopatia hahnemanniana per il suo alto insegnamento teso alla prevenzione, analizzata nello studio dinamico della singola persona umana, può garantire con certezza che l'Uomo può invecchiare senza intristirsi nella senescenza. È certo che nessun progresso in medicina ci permetterà di sfuggire alla morte attraverso la vecchiaia. Ed è persino da dubitare che si riesca a creare dei matusalemmi. Perciò, tutto quello che si può fare è garantire che sia un periodo di vita più sano. Uno studio di alcune aree del globo, dove vi è comparativamente più longevità nella popolazione, evidenzia alcuni tratti comuni. Sono popolazioni che in genere vivono in una società agricola con molta attività fisica, esenti da preoccupazioni, con svaghi, abitudini alimentari sobrie e sonno regolare. Si consuma frutta giornalmente. Tabacco e alcol sono rari, si continua a condurre una vita sessuale attiva. L'esercizio fisico è fondamentale, perché tenere in esercizio un organo rappresenta una strategia per modificare il processo d'invecchiamento.

Oggi sentiamo il corpo “arrugginirsi” piuttosto che logorarsi. Già in un rapporto delle Nazioni Unite del 1980 si evidenziava come nei paesi sviluppati, che hanno in prevalenza famiglie nucleari, gli anziani fossero diventati vulnerabili. Il loro potere e il loro prestigio sono in declino subendo un radicale cambiamento di ruolo nelle strutture economiche, sociali e familiari. I paesi altamente industrializzati, diceva il rapporto, sono orientati verso i giovani, dando risalto alla produttività, alla competizione e all'autosufficienza. La persona che non può più lavorare, produrre e provvedere ai suoi bisogni essenziali, tende ad essere relegata ai margini della società. Nei paesi in via di sviluppo, che hanno in prevalenza un sistema familiare patriarcale, il Rapporto nota che gli anziani godono ancora di alta stima, appoggio e potere sia nella famiglia che nella comunità. L'età anziana è considerata un vantaggio, ricompensata con una vita di onore, rispetto, persino riverenza da parte delle generazioni più giovani. Gli anziani ricevono sostegno economico e soddisfazione affettiva dal figli e dai nipoti. Ciò che ci interessa è l'impatto che tali cambiamenti hanno nello sviluppo dello stato di malattia.

L'omeopatia è proprio il sistema di cura che prende nota dello stato mentale, infatti vi attribuisce primaria importanza. Lo stress dato da radicali cambiamenti di situazioni come l'improvvisa perdita di reddito, perdita di prestigio e posizione in famiglia e in società, isolamento, morte del coniuge, ecc. può sfociare in disturbi affettivi, comportamentali e fisici.

Per leggere la versione integrale dell'articolo, pubblicato su La Stampa, cliccare qui.

Crisi di mezz'età? Un ricordo di tempi passati.

Saranno “i migliori anni della nostra vita”: la crisi di mezza età non esiste più, d'ora in poi sarà meglio parlare di “transizione”, come sostiene Carlo Strenger, della Tel Aviv University, autore di uno studio pubblicato su Psychoanalytic Psychology, Harvard Business Review. La vita media è infatti più lunga e più intensa di 40 anni fa, quando l'espressione fu coniata dallo psicanalista canadese Elliot Jacques: dopo i 50, la consapevolezza e la realizzazione del sé sono possibilità concrete ed è stato sfatato il mito secondo cui in età matura le funzionalità cerebrali cominciano a deteriorarsi.

Il meglio deve ancora arrivare. “Gli anni più intensi – spiega Carlo Strenger, autore dello studio – sono quelli che abbiamo davanti, non quelli che siamo lasciati alle spalle”. Una vera e propria iniezione di positività, la possibilità di realizzare i propri programmi, una fase della vita fatta di consapevolezza: dopo i 50, quello che si è sempre immaginato di sé ha tutte le chances di diventare realtà. Campioni di autostima. “Considerate – prosegue Strenger – di aver potenziato tutte le vostre abilità e di essere all'apice della realizzazione del sé: siete diventati quello che avreste sempre voluto essere, in barba a quanto la società si aspettava da voi”.

Non tirarsi indietro davanti agli ostacoli. Niente paura, i cambiamenti sono spunto per l'evoluzione a qualsiasi età: tuffarsi in una nuova sfida professionale non è affatto un passo avventato, le scelte saranno mature, basate su conoscenze ed esperienze di lungo corso e non frutto dell'incoscienza giovanile, per cui le possibilità di avere successo saranno tutt'altro che remote.

In compagnia è meglio. Discutere delle proprie scelte con la propria famiglia, con amici e colleghi è un'ottima strategia per raccogliere consigli e consensi: da adulti ci si circonda di persone che si conoscono bene e delle quali si ha stima, per cui i loro supporto è sempre più sincero e utile di quello dei “compagni di avventure” dei più giovani.

Ripreso integralmente da: www.ASCA.it

Quando la colpa è dei geni...

Invecchiare bene e mantenersi giovani: dieta equilibrata e un corretto stile di vita aiutano, ma a fare la differenza sono i geni. Determinate varianti genetiche, in particolare, fanno sì che l'"invecchiamento biologico" sia 3,6 anni avanti rispetto all'"invecchiamento cronologico". È quanto sostiene un gruppo di studiosi dell'Università di Leicester e del King's College di Londra in collaborazione con l'Università di Groningen in Olanda in una ricerca pubblicata su Nature Genetics.

Tutto ha inizio, spiegano gli scienziati, dai telomeri, le sequenze di Dna che proteggono le estremità dei cromosomi: quando una cellula è sul punto di dividersi, anche le molecole di Dna vengono copiate per costituire il materiale genetico per la "nuova" cellula. Durante la duplicazione, però, può capitare che i telomeri non vengano copiati per intero: in questo caso la duplicazione dà vita a cellule con cromosomi dai telomeri più corti e, di conseguenza, "difettose", e quindi dalla vita più breve. La lunghezza dei telomeri, spiegano i ricercatori, può essere quindi considerata un marker di "invecchiamento biologico". Il team ha analizzato più di 500 mila varianti genetiche che si trovano nei pressi di un gene chiamato Terc, già noto per svolgere un ruolo importante nel mantenere la lunghezza dei telomeri: "Abbiamo trovato che le persone che trasportano specifiche varianti genetiche hanno telomeri più brevi e sembrano biologicamente più anziane - spiega Nilesh Samani, docente di Cardiologia presso l'Università di Leicester -. Data l'associazione dei telomeri più corti con le malattie legate all'età, abbiamo studiato gli individui portatori delle varianti e abbiamo scoperto che questi soggetti sono a maggior rischio di sviluppare queste patologie".

"Per i soggetti portatori delle varianti - conclude Tim Spector del King's College di Londra, coautore dello studio - l''invecchiamento biologico' è stato calcolato 3,6 anni più avanti rispetto all''invecchiamento cronologico'".

Fonte: ripreso integralmente da www.ASCA.it

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il laboratorio della memoria