Cosa ci mettiamo sulla faccia? ogni giorno, in media, 515 sostanze chimiche...

Quante creme mettiamo ogni giorno su viso e corpo? In media, sicuramente più di una. Forse dovremmo smettere o almeno diminuire le quantità perchè, stando ad un nuovo studio le donne accumulano ogni giorno 515 sostanze chimiche. Lo studio parte dal fatto che le donne applicano su viso e corpo ben 15 prodotti in media ogni giorno, la maggior parte dei quali contiene più di 20 ingredienti diversi, tra cui additivi che possono essere causa di problemi allergici e perfino cancro della pelle.

Facendo il totale, si arriva appunto a 515 sostanze chimiche accumulate quotidianamente. Per esempio si è scoperto che in un rossetto, si trovano in media 33 sostanze chimiche; 32 in una lozione per il corpo; 29 nel mascara; 11 nella crema idratante per le mani e così via. Per non parlare dei profumi che, nella maggior parte dei casi, contengono una media di 250 sostanze chimiche che possono arrivare anche a 400 in alcuni casi. Appurato ciò, viene spontaneo chiedersi se davvero con tutte queste creme diventiamo più belle o se, invece, non mettiamo le basi per rovinarci la salute.

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Le superstizioni della nostra vita.

Astri e disastri (Fazi, pagg. 176, euro 15) è l'opera prima di Till Neuburg, uno svizzero settantaduenne che vive a Milano da mezzo secolo. Il sottotitolo recita: "Manuale di sopravvivenza all'astrologia e altre superstizioni" ed è un delizioso pamphlet su alcune "fisse" contemporanee.

A cominciare dal brunch domenicale. "Ordinano solo cose che fanno bene al fatturato del locale: passato di porridge alla cannella, spremute di puro mango tirolese, pane azzimo fatto in casa d'altri, un tris di marmellate di sesamo, ribes crudi e scorza nera di Lochness, e magari un uovo di struzzo cottura diciotto minuti". Oppure nella descrizione dei localini da pauperismo ricercato: "A chi è ancora troppo legato agli stravizi di mammà è consentito aggiungere una fetta di tofu, un cucchiaino di yogurt bianco o qualche goccia di rugiada raccolta sulla tomba di Hermann Hesse. Ci si incontrano architetti d'interni, internisti, ambientalisti, militanti verdi ma anche bianchi, neri, nerazzurri, arancioni, finti straccioni, stilisti, analisti, maestri di karate e maitres a' penser, manager in tenuta da week end, filosofi fatti in casa e, se si è fortunati, forse persino una miliardaria steineriana in libera uscita". Fa pensare quando parla di acqua. "Per millenni l'uomo ha bevuto solo quando aveva sete. Adesso ci si cura, almeno un litro al giorno di acqua minerale, che è più inquinata di quella del rubinetto e costa da 300 a 1000 volte di più. Di tutta l'acqua minerale commercializzata in Europa il 30 per cento è prodotto in Italia. Il bottino (2.200 milioni di euro nel 2006) se lo spartiscono 315 marche, il 53,6 per cento delle quali è controllata da multinazionali. In Italia siamo a 182 litri annui pro capite, inclusi neonati, moribondi e alcolizzati. E lo sa che in Kenya un litro di benzina costa 0,85 euro e uno d'acqua 0,93?".

L'astrologia è in crescita, come il gioco d'azzardo, perché "mancano i punti di riferimento, c'è crisi di valori, non mi faccia dire le solite cose. Il sapere in genere e la scienza sono trascurati se non derisi, così è più comodo spacciare false speranze. Le fasce più deboli, di spirito e di cultura, sono spinte a cercare l'irrazionale, e i ciarlatani glielo vendono, imperversando su tv e giornali". Come ci si difende? "Basterebbe capire che la parte più marcia dell'Italia riempie tv e giornali, fa di tutto per farsi notare, sgomita e grida, vive di visibilità. L'Italia sana è tranquilla, pensa a studiare o lavorare bene, non sogna di avere tre Rolex e due Suv, non cerca visibilità e dunque è come se non esistesse. Però esiste".

100 calorie in meno al giorno riducono del 10 per cento il rischio di disabilità a tre anni

Non si allacciano più bene le scarpe. Salire le scale di casa diventa un’impresa, camminare fino al negozio per far la spesa uno sforzo titanico. Sono alcun delle tante disabilità che pian piano si insinuano nella vita degli anziani; ora uno studio tutto italiano presentato al congresso della Società Italiana di Gerontologia e Geriatra dimostra, per la prima volta al mondo sull’uomo, che basta mangiare meno per prevenire questi acciacchi. Per vivere meglio, insomma, e magari anche più a lungo.

Alle porte di Firenze un gruppo di ricercatori sta seguendo dal 1998 circa 1.200 anziani che vivono in due paesini del Chianti fiorentino. Arzilli vecchietti che, sarà merito della vita in campagna o dell’olio buono, sono spesso in buona salute e stanno indicando la strada per arrivare a una vecchiaia serena e senza acciacchi. Ultimo dato, appunto, la dimostrazione che basta mangiare meno per abbassare il rischio di sviluppare disabilità piccole o grandi: «Per la ricerca, in uscita su Age and Ageing, abbiamo analizzato i dati di 900 dei nostri anziani, per i quali avevamo informazioni nutrizionali complete – racconta Luigi Ferrucci, coordinatore dalla prima ora dello studio InCHIANTI (tuttora in corsa sotto l'egida della Azienda Sanitaria di Firenze) e oggi “emigrato” al National Institute of Aging di Bethesda, negli Stati Uniti –. Abbiamo anche indagato patologie concomitanti, dal diabete all’ipertensione, e anche consumo di alcol e abitudine al fumo; poi, all’inizio dello studio e dopo tre anni, abbiamo sottoposto gli anziani a una valutazione delle disabilità funzionali nella cura di sé e nelle attività quotidiane più varie».

DIETA – Risultato, chi mangiava di meno rischiava anche meno di ritrovarsi con qualche difficoltà di troppo: per ogni cento calorie in più infatti, cresceva del 10 per cento la probabilità di nuove disabilità funzionali nel giro di tre anni. Essere parchi a tavola aiuta a vivere meglio, quindi, e possibilmente di più: «Questi dati dimostrano per la prima volta nell’uomo un effetto della restrizione calorica su parametri importanti per la longevità» commenta Niccolò Marchionni, presidente della SIGG. «I dati di InCHIANTI sono raccolti su persone non selezionate per uno studio sperimentale: si seguono anziani normali, di tutti i tipi, per cui le conclusioni hanno un significato reale, vero per ciascuno di noi».

GENI – Il Nobel per la medicina 2009 è stato assegnato a chi ha svelato i segreti dei telomeri, quei «cappucci» che stanno sulla parte finale dei cromosomi e si accorciano man mano che invecchiamo. In questi pezzettini di DNA molti vedono la chiave genetica del nostro destino di longevità: mangiar meno può in qualche modo ribaltare la nostra aspettativa di vita, in barba a quel che è scritto nei geni? «I geni rendono conto di circa il 30 per cento della possibile durata della nostra esistenza – dice Marchionni –. Il resto lo fa lo stile di vita, che può condizionare in meglio o in peggio la nostra longevità: fare attività fisica regolare, mangiare poco scegliendo cibi sani ed equilibrati aiuta di certo a mantenerci giovani e in salute più a lungo».

Per leggere l'articolo integrale, pubblicato sul Corriere on line, cliccare qui.

Perché si cade? Malori e troppi medicinali. Attenzione dunque!

(AGI) - Firenze - Si cade senza troppe conseguenze per molti, banali e imprevedibili motivi: si inciampa, si scivola, si e’ spinti. Ma quando tocca a un anziano, gli effetti sono spesso rovinosi (braccia spezzate, costole rotte, femori in briciole) e nel 20% dei casi se ne ignorano le cause. Perche’ tanti inspiegabili episodi? E sono davvero imprevedibili? Coordinata all’Universita’ di Firenze dalla Syncope Unit di Cardiologia e Medicina Geriatrica che opera all’ospedale di Careggi, ecco ora una ricerca a tappeto su questa oscura casistica. La conduce un’equipe di specialisti della Societa’ Italiana di Gerontologia e Geriatria. Si tratta del progetto Caspita (Cadute non Spiegate nell’Anziano), i cui primi risultati sono stati presentati in questi giorni dal cardiologo geriatra fiorentino Andrea Ungar, in chiusura del congresso nazionale SIOMMMS (Societa’ Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro) che ha riunito a Torino oltre mille specialisti. Il postulato da cui l’indagine muove e’ che dietro il 20% di incidenti apparentemente casuali ci siano in realta’ concreti problemi di salute: aritmie, ipovolemia, disidratazione. Oppure sincopi, spesso legate a sindromi cardiocircolatorie o respiratorie, con amnesie retrograde che evitano fastidiosi ricordi, ma espongono a nuove cadute, a danni piu’ gravi e a rischi crescenti di istituzionalizzazione e disabilita’. “Non pochi episodi”, ha aggiunto, “si devono pero’ anche all’uso o abuso di farmaci ad azione vaso e psicoattiva. Lo prova il fatto che, rinunciando soprattutto a quelli che agiscono sul sistema nervoso centrale, si segnalano molti meno incidenti” Negli ultra65enni le cadute inspiegate hanno peraltro prognosi nettamente peggiori, perché piu’ alta e’ la probabilita’ che rendano disabili. Di fatto, nei reparti di ortopedia questi eventi sono all’origine del 37% di tutti i ricoveri per esiti traumatici di caduta. L’incidenza e la severita’ delle complicanze aumentano del resto dopo i 60 anni. E circa il 35-40% degli over 65 e meta’ degli over 80 cadono almeno una volta in un anno. In 3 casi su 10 si radicalizza il timore di non farcela e puo’ svilupparsi cosi’ una sindrome ansioso-depressiva: con difficolta’ di camminare, sensazione di instabilita’ posturale, disabilita’. Oltre il 50% degli anziani caduti di recente e il 20-46% di tutti i pazienti geriatrici temono di cadere. I costi economici sono elevati quanto i costi umani e sociali. Negli Usa le sole cadute di over 65 assorbono il 6% di tutta la spesa sanitaria, mentre nel 2000 il fenomeno ha coinvolto oltre 50 milioni di americani con un costo per il sistema di 406 miliardi di dollari: 80 di trattamenti medici, 326 di perdita di produttivita’. In Italia i costi, che nel 2001 erano gia’ oltre i 500 milioni di euro (l’80% dei quali per i soli ultra65enni), sono progressivamente cresciuti fino a superare il miliardo. (AGI)

Articolo tratto da: http://www.disabili-oggi.it/archives/0002082.html

The 2009 Ageing Report (europeo).

Per leggere il report (in inglese) cliccare qui.

Self portrait di Mary Oliver

I wish I was twenty and in love with life
and still full of beans.

Onward, old legs!
There are the long, pale dunes; on the other side
the roses are blooming and finding their labor
no adversity to the spirit.

Upward, old legs! There are the roses, and there is the sea
shining like a song, like a body
I want to touch

though I’m not twenty
and won’t be again but ah! seventy. And still
in love with life. And still
full of beans.

I segreti per invecchiare bene (da chi ci è riuscito).

(Le foto dell'articolo si riferiscono al giorno del centesimo compleanno di alcuni ultra-centenari italiani. Auguri a loro... e a tutti noi!).

Elisabeth Weichselbaum, della British Nutrition Foundation, ha raccolto una selezione di consigli di chi ha passato il secolo. E così si scopre che l'elisir di lunga vita sta pure nei panini imbottiti, anche con la salsiccia, fino al 'bicchierino', in barba a diete e nutrizionisti.


Insolita e piena di elementi curiosi: nella dieta dei centenari non mancano consigli da brivido per nutrizionisti e amanti della linea, ma gli anziani che si sono tolti la soddisfazione di spegnere più di 100 candeline sono gli unici a poter avanzare pretese sui segreti della longevità. Così qualcuno ha pensato bene di raccogliere una selezione di diete e consigli, senz'altro insoliti, proposti da chi ha superato i 100 anni.

Nell'elenco pullulano le stranezze. Qualche esempio? A dispetto di chi sostiene che non bisogna eccedere con le uova, Florence Baldwin, un'allegra nonnetta di 113 anni, è convinta che l'elisir di lunga vita si nasconda in un sandwich con uova fritte ogni giorno. Per l'olandese Hendrikje van Andel-Schipper, arrivata fino ai 115 anni, il segreto della longevità è in un bicchiere di succo d'arancia accompagnato da gustose aringhe, fonte di omega 3. Ma la più anziana di tutti, l'israeliana Mariam Amash, attribuisce le sue 120 candeline al fatto di 'mangiare verde'.

Non si deprimano i golosi, perché tra i 'supernonni' c'è anche chi, come la giapponese Mitoyo Kawate di 114 anni, ha dato il merito dei suoi anni alla torta ripiena di crema che compare regolarmente nel suo menù, in barba a sushi e sashimi. Mentre la scozzese Lucy d'Abreu, passata a miglior vita a 113 anni, sosteneva che per vivere a lungo non deve mai mancare un bicchierino di brandy e un ginger ale secco.

E ancora, per l'ucraino Hryhoriy Nestor la ricetta di lunga vita passa per un involtino di pane con salsiccia fatto in casa. Mentre la britannica Ada Mason è convinta di essere arrivata a quota 111 grazie al fatto di mangiare panini imbottiti e molto salati. La colazione tipica scozzese a base di porridge è invece il segreto dei 111 anni di Annie Knight. Tutt'altro il menù preferito di Yukichi Chuganji, che ha raggiunto la ragguardevole età di 114 anni a forza di riso bollito e pollo, nonostante l'avversione per le verdure.

Mentre secondo Sakhan Dosova (130 anni), che stando alle autorità del Kazakhistan sarebbe la donna più vecchia del mondo, l'ideale è evitare i dolci e consumare tanto formaggio in fiocchi (cottage cheese). Infine, l'ecuadoregna Maria Esther de Capovilla è arrivata a 116 anni grazie alla buona abitudine di bere, fin da piccola, il latte d'asina della fattoria di famiglia.

Fonte: http://www.adnkronos.com/IGN/Cronaca/?id=3.0.3169606642

Vivremo tutti fino a cento anni, se..

Tremila conferenze in 25 anni. Le domande si ripetono. Le risposte no, evolvono grazie all'aggiornamento degli studi e alle indagini epidemiologiche. Ma qualche certezza granitica Roberto Bianchi - medico di Cremona e specialista in Scienza dell'alimentazione, Medicina preventiva e Medicina del lavoro, 10 anni a fare educazione alla salute all'Asl - ormai ce l'ha: la vita si allunga se si interviene sugli stili di vita. E per quanto riguarda l'influenza suina, meglio non vaccinarsi: conviene prenderla e morta lì.

"Da medico lei alimenta un sogno: vivere fino a 100 anni".
Io ribadisco solo un diritto costituzionale. Giappone e Italia sono i Paesi più longevi al mondo e da epidemiologo dico che non c'è regalo migliore da fare a una persona che farla invecchiare bene. Oggi si può arrivare in ottima salute a 80 e 90 anni, con dieta mediterranea appropriata e comportamenti preventivi. Appena le biotecnologie lo consentiranno arriveremo a oltre 100 anni con dignità e autonomia. Oggi esiste la possibilità di spostare molto in là il fronte dell'invecchiamento, con l'ossidologia che studia i radicali liberi e l'invecchiamento dei tessuti, come ha provato anche il Nobel Luc Montaigner. La componente gentica influisce per il 10 per cento, tutto il resto è ambiente e stile di vita.

"Di Omega-3, vitamine e antiossidanti non si può più fare a meno."
Ci evitano il 30 per cento dei tumori e il 40 per cento degli infarti.

"Veniamo ai vaccini, di cui lei non è fautore ovviamente".

Utilizzare vaccini per ogni malattia è una chimera, perchè ogni anno si prendono nuove malattie. Resta fermo il fatto che per alcune, come il tetano, il vaccino è straordinariamente utile. Ma non possiamo pensare di reagire ad ogni nuovo virus con un vaccino perchè potremmo sviluppare una resistenza immunitaria specifica verso ogni tipo di gernmi. Ho dichiarato a suo tempo che avrei mangiato pubblicamente un panino all'aviaria perchè ognuno deve potenziare le proprie capacità del sistema immunitario e non solo sviluppare paura che è immunodepressiva. Esistono strumenti immunostimolanti molto efficaci e facili da usare: uno tra tutti la vitamina C, uno dei farmaci più potenti come antitumorale, antiallergico, protettivo del sistema vascolare e nelle infezioni da raffreddamento. Ha una azione virucida diretta, è interferone stimolante, aumenta il numero e la mobilizzazione dei globuli bianchi. Aggiungiamoci una funzione antibatterica e antiobiotica post virosi. Ma c'è una condizione: che il dosaggio giornaliero non sia di 50 milligrammi pari ad una arancia appena colta, ma di 1000 e fino a 2000 milligrammi. Ovvero uno o due granni che donano vita, e vita agli anni.

Intanto la suina dilaga.

Mia moglie pediatra vede un 80 per cento di febbri suine tra i ragazzi, influenza assolutamente benigna, a mortalità molto bassa che non deve spaventarci. Gli strumenti per difenderci ci sono tutti, per proteggere naso,bocca e gola. Compresa la propoli. Mi risulta che solo il 5 per cento dei medici si sia vaccinato. E il vaccino, per tre sostanze adiuvanti che contiene su cui gravano sospetti di sintomi neurologici, richiede un uso prudente: per me va soministrato solo agli immunodepressi. Per di più questo virus composto di sette diversi monconi, continua a modificarsi mano a mano che pasa da una persona all'altra. La conseguenza?
La protezione vaccinale può durare pochi mesi e se come viene paventato questo virus si ricombinerà con l'aviaria i vaccinati non saranno assolutanmente protetti, i non vaccinati che si sono malati avranno paradossalmente una protezione superiore.

Articolo (qui presentato in sintesi) a firma di Nicoletta Martelletto pubblicato su Il Giornale di Vicenza e disponibile nella versione online integrale cliccando qui.
Foto-collage: http://www.flickr.com/photos/graygoosie/1615794803/

Alcuni segreti per invecchiare bene (secondo gli studiosi).

A Milano si è tenuto il primo Congresso Internazionale di Medicina Predi-Preventiva e Rigenerativa, interamente dedicato alla salute della donna. Ecco, in sintesi, le novità riguardanti la salute e la bellezza della donna di oggi e i segreti per invecchiare bene.

Al primo posto, la dieta. Al congresso è stato presentato anche un innovativo regime alimentare che non tiene più conto dell’apporto calorico degli alimenti, ma analizza le molecole che li compongono: carboidrati, proteine, grassi, vitamine, minerali. La dieta mediterranea, con il suo alto contenuto di fibre, acidi grassi omega 3 e antiossidanti , rimane il pilastro nella cura di una nuova categoria di obesi identificata dai ricercatori dell’Università Tor Vergata di Roma.
Un altro concetto importante per la nuova medicina anti-aging è lo sfruttamento dell’ormesi (dal greco ormesis, stimolazione). In base a questa proprietà, brevi periodi di stress lieve stimolano la risposta dei meccanismi di difesa dell'organismo, contribuendo a migliorare la salute e prolungando la vita. Il paradigma dell'ormesi è l'attività fisica, che incrementa il livello di cortisolo e di catecolamine e comporta una reazione immunologica da stress.Un'attività fisica moderata produce quindi effetti positivi sul rischio di infezioni delle vie aeree, compresa l'influenza stagionale, e di stabilizzazione del sistema immunitario.

L’invecchiamento precoce si previene anche controllando alcune reazioni chimiche che avvengono a livello cellulare e molecolare come la glicazione, un fenomeno coinvolto in molte malattie degenerative. La glicazione può essere controllata grazie ad alcuni accorgimenti, come il controllo del carico glicemico dei carboidrati, la riduzione del grasso corporeo, soprattutto addominale, esercizio fisico e in alcuni casi con integratori per esempio a base di carnosina o piridossamina.
E sempre alla lotta all’invecchiamento sono utili nuovi ormoni-chiave identificati al congresso. La vasopressina, per esempio, sembra l’alleato ideale per migliorare l’aspetto della pelle del volto, distendendo i tessuti e riempiendo solchi e segni del tempo, il melanotan II, un derivato sintetico dell’MSH (l’ormone che stimola i melanociti), aiuta a controllare le infiammazioni e sostiene l’abbronzatura, l’ossitocina potrebbe rappresentare un valido supporto per combattere il sovrappeso, grazie alla sua capacità di ridurre l’appetito, infine l’IGF-1 risulta una delle molecole più efficaci nel proteggere l’organismo dai danni del tempo che passa.
Infine, il tanto amato ritocchino, oggi sempre meno invasivo e senza bisturi: si è parlato di un lifting che si avvale delle cellule staminali, lo stem cel facelift, che può essere eseguito in ambulatorio, in anestesia locale, e sfrutta le cellule del grasso addominale per riempire i tessuti svuotati dal tempo, e del liquid face lift, che con iniezioni e trattamenti combinati (botox, biostimolazione, luce pulsata e acido ialuronico) combatte l’invecchiamento del volto su tre fronti: perdita di volumi, rughe e lassità della pelle di volto e décolleté.

Articolo (sintetizzato) tratto da www.Sanihelp.it. Per leggere la versione integrale cliccare qui.
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Ogni chilo in più significa meno benessere e meno anni di vita. Soprattutto per le donne.

Non solo una questione estetica. Prendere peso e aumentare di taglia ruba anni di vita in salute alle rappresentanti del gentil sesso. Anzi, secondo uno studio condotto dai ricercatori dell'Università di Warwick e dell'Harvard School of Public Health di Boston (Usa), lievitare sulla bilancia mentre gli 'anta' incombono può ridurre anche dell'80% la possibilità di arrivare a una vecchiaia serena e in salute. La ricerca, pubblicata sul 'British Medical Journal', è stata condotta utilizzando i dati del noto studio sulle infermiere, che ha monitorato la salute di 120 mila operatrici fin dal 1976.

Ebbene, sembra che le donne che arrivano alla mezza età in sovrappeso siano più a rischio di tumori, coronaropatie, cardiopatie e scarsa qualità di vita, spiega il responsabile dello studio, Oscar Franco. Non solo: per ogni chilo in più guadagnato dopo i 18 anni, le probabilità di invecchiare bene scemano del 5%. La situazione peggiore è quella delle obese, che hanno una possibilità del 79% inferiore di invecchiare senza essere colpite da una malattia cronica killer, dai tumori alle cardiopatie.

"Insomma, il nostro studio - riassume Franco - dimostra ancora una volta che prendere peso nell'età matura è un forte fattore di rischio, spia di una minore probabilità di invecchiare in salute. Conservare il proprio peso forma nell'età adulta può essere vitale per la salute in vecchiaia".

Fonte: ADNkronos Altro, Le News del 9 novembre 2009
Foto: http://www.flickr.com/photos/lindsaystark/2077443174/

Vuoi dormire meglio? Controlla il peso ...

Notti agitate e stanchezza al risveglio per colpa delle apnee notturne. Un problema che solo negli Stati Uniti colpisce 12 milioni di persone e può portare anche a pressione alta e malattie cardiovascolari. Per anni i medici hanno raccomandato ai pazienti di perdere peso per migliorare il respiro notturno, ma finora solo poche ricerche testimoniavano la fondatezza di questo consiglio. Ora i ricercatori di sei atenei americani, guidati da Gary Foster della Temple University (Usa), hanno dimostrato che perdere peso riduce davvero le apnee notturne. Gli scienziati hanno monitorato 265 pazienti obesi con diabete di tipo 2, tra i 45 e i 75 anni. Tutti lamentavano un'apnea notturna severa. I ricercatori hanno sottoposto metà a una dieta abbinata a un regime di esercizi regolari per 175 minuti a settimana per un anno, mentre un secondo gruppo ha seguito un corso mirato al controllo del diabete attraverso dieta sana ed attività fisica. Ebbene, dopo un anno i soggetti 'a dieta' avevano perso in media quasi 9 kg. E il 13,6% aveva sperimentato una completa remissione dell'apnea notturna, contro il 3,5% del secondo gruppo, che aveva buttato giù meno di mezzo chilo seguendo il corso. "Questi risultati mostrano che medici e pazienti - conclude Foster sugli 'Archives of Internal Medicine' - possono aspettarsi significativi miglioramenti nella loro apnea notturna con la perdita di chili di troppo. Un risultato che comporta numerosi benefici per la salute e il benessere generale".

Fonte: Articolo tratto da ADNkronos Altro Le News del 9 novembre 2009
Foto: http://www.flickr.com/photos/piratechickan/3083411991/

Gli effetti nefasti del cibo, quando è troppo.

Salute sempre più a rischio se la bilancia 'borbotta'. Almeno 124 mila nuovi casi di tumore in Europa potrebbero essere stati causati, nel 2008, dal peso in eccesso. La proporzione di diagnosi di cancro attribuibili a un indice di massa corporea uguale o superiore a 25 kg/m2 è più alta fra le donne e nei Paesi dell'Europa centrale come la Repubblica Ceca, la Slovenia, la Lettonia e la Bulgaria. Lo rivela uno studio presentato da Andrew Renehan dell'università di Manchester (Gb), in occasione del Congresso congiunto dell'European Cancer Organisation (Ecco) e della European Society for Medical Oncology (Esmo). Secondo l'esperto, "dato che molte persone stanno smettendo di fumare e parecchie donne non utilizzano più ormoni per i disturbi della menopausa, il sovrappeso e l'obesità sono destinati a diventare, nei prossimi dieci anni, le principali cause di cancro, soprattutto nel mondo femminile". Il team di studiosi britannici ha creato un sofisticato modello per calcolare la proporzione di neoplasie attribuibili al sovrappeso in 30 Paesi in Europa. Utilizzando i dati disponibili, hanno rilevato che nel 2002 oltre 70 mila nuovi casi di cancro, dei circa due milioni che si sono registrati quell'anno, appaiono riconducibili al grasso superfluo. E che nel 2008 la stima è addirittura raddoppiata, toccando quota 124 mila. La percentuale di tumori obesità-correlati varia da Paese a Paese: si va dal 2% nelle donne e 2,4% per gli uomini in Danimarca, all'8% nelle donne e 3,5% negli uomini nella Repubblica Ceca. Fra le malattie più comuni dovute al sovrappeso il cancro dell'endometrio, del seno e del colon-retto. Queste tre sono pari al 65% di tutte le neoplasie dovute all'obesità.

Fonte: articolo tratto da ADNkronos, Le News, 9 novembre 2009
Foto: http://www.flickr.com/photos/42103304@N00/2667729128/

Dobbiamo appropriarci vastamente dell'esistenza.


Dobbiamo appropriarci vastamente dell’esistenza, in ogni modo. Tutto, anche l’inusitato, deve esserci possibile. Questo è in fondo l’unico ardimento che ci viene richiesto: avere coraggio per ciò che è più strano, più inspiegabile.

(R.M. Rilke)


Il coraggio è un tema di cui si discute raramente, sembra una rimembranza di tempi lontani in cui era un valore tra i più stimati, insieme all'onore e alla fedeltà. Eppure il coraggio è qualcosa che serve, nella vita di tutti, ogni giorno. Il coraggio di andare avanti, di accettare i propri sbagli, di cambiare quello che non funziona, di sfidare la sorte. Il coraggio di essere se stessi.

Sembra che, tramontato il primato valoriale del coraggio, anche la nostra vita sia cambiata. Rilke ci parla del coraggio di investigare ciò che è più strano ed inspiegabile, di andare oltre i confini del noto per esplorare nuovi mondi, dentro e fuori di noi. Nella vita caotica e frenetica che conduciamo tutti noi, ogni giorno, mi chiedo chi si ricorda di farlo. Alzarsi la mattina alle sette o anche prima, salire su mezzi sempre più pieni, correre in ufficio, mangiare un panino al volo, ritornare al lavoro cercando di ignorare la sonnolenza e tentando di accelerare con il pensiero la corsa dell’orologio. E poi di nuovo mezzi, casa, mangiare, dormire... per fortuna non è sempre così, né per tutti. Ma quando, in questo modo di vivere così routinario, ci ricordiamo che la vita potrebbe essere qualcosa di diverso?

In fondo viviamo in un mondo privilegiato, abbiamo la possibilità di scegliere. Ma scegliere richiede coraggio. Ed è quello che, forse, ci è stato tolto o ci siamo fatti togliere, orpello inutile in tempi in cui è meglio correre, senza chiedersi perché o per come.

Ma io condivido il pensiero di Rilke. L’unico ardimento che ci viene richiesto è di avere ardimento. Come dire: l’unico modo di vivere è vivere. Ma farlo davvero.

Non ci può essere un tutto dato, ma solo un pulviscolo di possibilità.

Il brano che segue è tratto dall’Appendice “Cominciare e finire” alle Lezioni Americane di Calvino, a mio giudizio uno dei libri più mirabili del secolo scorso, da leggere e rileggere all’infinito, perché sempre capace di stimoli nuovi, come solo i grandi libri sanno fare.

[…] Ogni volta l’inizio è questo momento di distacco dalla molteplicità dei possibili: per il narratore l’allontanare da sé la molteplicità delle storie possibili, in modo da isolare e rendere raccontabile la singola storia che ha deciso di raccontare questa sera; per il poeta l’allontanare da sé un sentimento del mondo indifferenziato per isolare e connettere un accordo di parole in coincidenza con una sensazione o un pensiero. L’inizio è anche l’ingresso in un mondo completamente diverso….

[…] Forse è questa ansia per il problema del cominciare e del finire che ha fatto di me più uno scrittore di short-stories che di romanzi, quasi non riuscissi mai a convincermi che il mondo ipotizzato dalla mia narrazione è un mondo a se stante, autonomo, autosufficiente, in cui ci si può installare definitamente o almeno per tempi lunghi. Invece mi prende continuamente il bisogno di prenderlo dal di fuori, questo mondo ipotetico, come uno dei tanti mondi possibili, un’isola in un arcipelago, un corpo celeste in una galassia. Il mio problema potrebbe essere enunciato così: è possibile raccontare una storia al cospetto dell’universo? Come è possibile isolare una storia singolare se essa implica altre storie che la attraversano e la “condizionano” e queste altre ancora, fino a estendersi all’intero universo? E se l’universo non può essere contenuto in una storia, come si può da questa storia impossibile staccare delle storie che abbiano un senso compiuto?

[…] Non ci può essere un tutto dato, attuale, presente, ma solo un pulviscolo di possibilità che si aggregano e si disgregano. L’universo si disfa in una nube di calore, precipita senza scampo in un vortice d’entropia, ma all’interno di questo processo irreversibile possono darsi zone d’ordine, porzioni d’esistente che tendono verso una forma, punti privilegiati da cui sembra di scorgere un disegno, una prospettiva. L’opera letteraria è una di queste minime porzioni in cui l’universo si cristallizza in una forma, in cui acquista un senso, non fisso, non definitivo, non irrigidito in un’immobilità mortale, ma vivente come un organismo”.

Essere umani vuol dire

sentire vagamente che c'è in ognuno qualcosa di tutti e in tutti qualcosa di ognuno.

Niente mi fornisce la prova che non sarei mai del partito o dell'opinione opposta.
C'è la vittima nel carnefice e il carnefice nella vittima, il credente nel non credente e il non credente nel credente.

C'è di che passare dall'uno all'altro; e forse l'essenza stessa del vero Io è questa potenza di trasformazione.

Su mille individui, un esiguo numero sente e guarda la vita come tentativo, mezzo, avventura. Il resto la subisce senza pensarci, come un ciclo la cui perfezione sarebbe la felicità. Per tutti è qualcosa di dato, involontario, e tuttavia come voluto, giacché non possono non volere la vita.

Paul Valéry, Cattivi pensieri, Adelphi
Foto: http://www.flickr.com/photos/freaksphoto/2994240591/

Mangiare bene per pensare bene.

Maggiore rischio di depressione se si mangiano molti grassi, carni lavorate e cibi dolci: è quanto emerge da un ampio studio inglese pubblicato sulla rivista British Journal of Psychiatry.

Per analizzare a fondo il legame tra alimentazione e malattie depressive, un gruppo di ricercatori dello University College di Londra ha analizzato i regimi alimentari di 3500 impiegati statali inglesi di mezza età per un periodo di tempo di 5 anni, dividendoli in due gruppi a seconda della loro abitudine ai cibi sani come pesce, verdure, legumi e frutta o del loro elevato consumo di cibi meno salutari come carni lavorate, fritture, dolci e formaggi grassi.

Dai loro risultati è emerso che chi seguiva una dieta meno salutare e ricca di cibi lavorati e ricchi di grassi andava incontro al 60% di rischio di depressione in più rispetto a coloro che seguivano una dieta più sana. Studi condotti in passato hanno dimostrato come una dieta mediterranea sia utile ad abbassare il rischio di malattie depressive del 30% tuttavia, secondo gli esperti, non è ancora chiaro in che modo una dieta più salutare possa contribuire a una mente più sana.

Secondo l'autrice della ricerca Archana Singh-Manoux, consumare cibi crudi e sani potrebbe diminuire il rischio di infiammazione dell'organismo e ciò potrebbe essere legato a una minore insorgenza di disturbi della mente come l'ansia e la depressione, oltre che a una miglior condizione di salute dell'intero sistema cardiovascolare e del cuore. Mangiar bene, secondo la ricercatrice, non significherebbe quindi soltanto vivere bene, ma anche pensare bene.

Approfondimenti: Tasnime N et al. Dietary pattern and depressive symptoms in middle age. The British Journal of Psychiatry 2009: 195:408-13.
Fonte: yahoo.salute
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Nessuno può vivere a lungo, se non è capace di immaginarlo.

"La vitalità nell’età avanzata dipende da tre fattori: robustezza di costituzione, salute fisica e tipo di copione. L’inizio della vecchiaia è determinato proprio da questi tre fattori. Perciò alcune persone sono ancora vitali a ottant’anni e altre cominciano a vegetare a quaranta. La robustezza di costituzione è un fattore fisso, che non può essere modificato dalla programmazione parentale. Anche l’infermità fisica costituisce a volte un fattore fisso e, a volte, rappresenta anche il tornaconto di un copione. ..Può darsi che le persone più anziane accolgano con gioia un infarto, o un’occlusione delle coronarie, ma questo per un motivo diverso: non perché faccia parte del copione, ma perché le solleva dallo sforzo di tirare avanti una vita di sforzi, quella prevista dal loro copione. Il Bambino presente in loro assume queste disgrazie come se si trattasse di una “gamba di legno”, il che consente loro di dire al Genitore che si portano dentro: “Neanche tu puoi aspettarti che un uomo con una gamba di legno continui a trascinare il peso della tua maledizione stregata”. E, trovandosi di fronte al rischio di un embolo al cervello o al cuore, solo il genitore più crudele e spietato non si darebbe per vinto.
… Anche le persone con una costituzione fisica robusta e senza invalidità fisiche (o di poco conto o ipocondriache) possono iniziare a vegetare molto presto se possiedono dei copioni del tipo “non si sa come andrà a finire”. Si tratta di solito di persone che vivono della sola pensione. L’insegnamento in questi casi è: “Lavora sodo e non fermarti mai!” e la conclusione è: “Dopo di che smetti!”. Jeder dopo aver lavorato indefessamente per venti o trent’anni, dopo aver ricevuto la visita di Babbo Natale, e aver ottenuto il pranzo d’addio con i colleghi, con tanto di orologio d’oro, non sa più che fare. È abituato a scegliere le direttive del suo copione, ma ora le ha esaurite, e non ha nessun’altra programmazione. È perciò contento di starsene seduto aspettando che succeda qualcosa: magari la morte!
Questo fa sorgere una domanda interessante. Che fare dopo che è arrivato Babbo Natale? Per chi ha un copione del tipo “Finché” il dono ha portato termine le richieste del copione, è quindi libero dalle maledizioni dell’anticopione, ora ha la possibilità di fare ciò che fin da ragazzino ha sempre sognato di fare. Ma proseguendo, sulla sua strada, corre moltissimi rischi, come ci confermano molti miti greci. Se è vero che si è liberato dal genitore malefico, è anche vero che è rimasto privo di protezione, è quindi facile che vada incontro a dei guai. Anche questa è una cosa che ritroviamo nelle favole. Una maledizione, bene o male, protegge anche se è fonte di sofferenze e fatiche”.

Il testo è tratto da: Eric Berne, “Ciao!”…e poi?. La psicologia del destino umano, Bompiani, 2003
La frase del titolo è di George Abraham
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Giovane è chi continua a chiedersi: E dopo?

La giovinezza non è un periodo della vita, è uno stato dello spirito; un prodotto della volontà, una qualità dell’immaginazione, un’intensità emotiva, una vittoria del coraggio sulla timidezza, del gusto dell’avventura sull’amore per la comodità.

Non si diventa vecchi per aver vissuto un certo numero di anni: si diventa vecchi perché si è abbandonato il proprio ideale. Gli anni segnano la pelle, la rinuncia ai propri ideali segna l’anima. Le preoccupazioni, le incertezze, i timori e la sfiducia sono i nemici che lentamente ci spingono verso terra e ci fanno diventare polvere prima della morte.

Giovane è colui che prova stupore e meraviglia, colui che, come il bambino, chiede: e dopo? Colui che sfida gli eventi e vive gioiosamente il gioco della vita.
Siete giovani se giovane è la vostra fiducia; vecchi se vi fate travolgere da dubbi e incertezze. Giovani come la fiducia in voi stessi. Giovani come la vostra speranza. Vecchi come la prostrazione.

Resterete giovani finché sarete sensibili. Sensibili alla bellezza, alla bontà, alla grandezza. Sensibili ai messaggi della natura, dell’uomo e dell’infinito.
Se un giorno il vostro cuore dovesse essere preda del pessimismo e divorato dal cinismo, Dio abbia pietà della vostra anima da vecchio.


Generale MacArthur 1945

Riportato in : Olivier de Ladoucette, Restar giovani è questione di testa, Feltrinelli, 2007

Leggere cura l'anima... e non solo.

Siete una donna e ignorate il significato della parola "orgasmo"? Meglio comprenderne le cause invece di intossicarsi, magari con una manciata di antidepressivi. Si può allora cominciare a leggere Musica di Yukio Mishima, storia di una affascinante venticinquenne, paziente del dottor Reiko del tutto incapace di ascoltare un qualsivoglia brano musicale. Dopo alcune sedute lo psichiatra scopre che in realtà la sordità alla musica è un blocco simbolico e diagnostica: frigidità. Il racconto si snoda lungo un percorso accidentato fino a una soluzione.

Stesso discorso per l'impotenza: Biglietto scaduto di Roman Gary è meglio del Viagra, specie se associato a Fiesta di Ernst Hemingway. Se il problema sono l'alcolismo, la droga o il gioco, Stéphanie Janicot - autrice del libro "100 romanzi di Primo Soccorso per curare (quasi) tutto" - cita invece Ventiquattr'ore nella vita di una donna di Stefan Zweig: "Perché in poche pagine tratteggia con tocchi semplici, eppure brillanti, come si possa sprofondare nell'inferno della dipendenza senza volerlo, anzi cercando di darsi freno, ma senza mai aggrapparsi a nulla". Caso mai non funzionasse si può passare senza problemi a Del piacere e del vizio di fumare di Italo Svevo, a Sotto il vulcano di Malcom Lowry (soprattutto di sera), a Romanzo con cocaina di Mihail Ageev.

Negli Usa dell'uso dei libri, soprattutto nella cura delle malattie come ansia e depressione, già parlava lo psichiatra William Menninger negli anni '30. In Gran Bretagna la biblioterapia la "passa" il servizio sanitario nazionale.

Fonte: Repubblica on line. Se vuoi leggere la versione integrale dell'articolo, clicca qui.
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Tutto passa e tutto resta.






Tutto passa e tutto resta,
però il nostro è passare,
passare facendo vie,
vie sul mare.

Viandante, sono le tue orme
La via e nulla più,
viandante non c’è via,
la via si fa con l’andare.

Con l’andare si fa la via
E nel voltar indietro lo sguardo
Si vede il sentiero che mai più
Si tornerà a calcare.

Viandante non c’è via
Ma solamente scie nel mare.


Cantares, Antonio Machado

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Il valore dell'ambiguità

"È probabile che tutte le crisi si risolvano sul modello di una accettazione di una certa ambiguità. Noi adulti, per esempio – penso di poter parlare al plurale – sappiamo bene che non siamo completamente adulti.
Infatti è anche questa consapevolezza e tolleranza delle nostre parti immature ed infantili che ci rende adulti".

P.C. Racamier e S. Taccani, Il lavoro incerto, ovvero la psicodinamica del processo di crisi, Tirrenia, Ed. del Cerro, 1986
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La nostra vita dura a lungo, se solo...

La maggior parte degli uomini, Paolino, si lamenta dell’ingenerosità della natura, perché nasciamo destinati a una vita breve e il tempo che ci è concesso trascorre in fretta; così rapidamente che, salvo pochissimi, la vita ci abbandona proprio quando ci apprestiamo a viverla. Di questa presunta sventura non si duole solo il popolino e la gente ignorante; se ne lamentano anche uomini illustri. Viene da qui la famosa massima del più grande dei medici: “Breve è la vita, lunga l’arte”.

Da qui è nata anche l’accusa, certo non degna di un saggio, che Aristotele rivolge alla natura: “Agli animali ha concesso una vita lunga quanto basta per raggiungere la quinta o la decima generazione, mentre all’uomo, nato per compiere molte grandi imprese, ha assegnato un termine assai più breve”. In realtà, non è di tempo ne abbiamo poco; è che ne sprechiamo tanto. La vita che ci è data è lunga a sufficienza per compiere grandissime imprese, purché sia spesa bene; ma se viene dissipata nel lusso e nell’ignavia, se non la si impiega utilmente, solo quando giungiamo all’inevitabile fine ci rendiamo conto che è trascorsa senza che neppure ce ne accorgessimo.

È così: la vita che abbiamo ricevuto non è affatto breve; siamo noi a renderla tale. Del nostro tempo, non siamo avari, ma prodighi. Come un patrimonio immenso nelle mani di un padrone inetto può svanire in un istante mentre uno più modesto, se affidato a un buon amministratore, col tempo aumenta di valore, così la nostra vita dura a lungo per chi ne sa disporre bene.

Lucio Anneo Seneca, La brevità della vita, All’insegna del pesce d’oro, Milano, 1992
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Per vivere bene (a tutte le età), attenzione al peso!

Michele Carruba, professore di Farmacologia all'Università degli Studi di Milano e presidente della Società Italiana dell'Obesità, viene considerato il massimo esperto nazionale di nutrizione. Come diceva il filosofo tedesco Feuerbach, l'uomo è quello che mangia. Mangiando meglio stiamo meglio. Da tutti i punti di vista. "La nostra biochimica cambia e ragioniamo meglio", dice Carruba, un sessantenne senza un grammo di grasso che sprizza energia e buonumore.

Da due anni è anche presidente di Milanoristorazione, la società municipalizzata che fornisce pasti ai bambini degli asili e delle Elementari e agli anziani: un lavoro appassionante e di grande responsabilità. Perché i bimbi e gli anziani sono due categorie particolarmente delicate, che hanno un gran bisogno di nutrirsi in modo corretto. Per crescere bene gli uni e per invecchiare bene gli altri.

Ex campione di fioretto, ha imparato molto da questo sport: "Mi ha aiutato a capire l'avversario e a intuire le sue mosse pur senza poterlo vedere in faccia, perché il caschetto la nasconde completamente. Psicologia, benessere e cibo sono le sue tre passioni. Approfondisce l'argomento psicofarmaci, è il primo a studiare i neurotrasmettitori che fanno provare la sazietà, l'impulso sessuale e l'umore. E pubblica studi rivoluzionari su come si possa cambiare la biochimica cerebrale attraverso l'alimentazione.

"Per favorire il rendimento scolastico dei bambini bisogna nutrirli bene, e anche insegnare loro a nutrirsi correttamente. E' da piccoli che si apprendono comportamenti che durano tutta la vita", spiega. Per questo ha voluto che gli studenti avessero un orticello scolastico da coltivare; che imparassero di prima mano le caratteristiche di frutta e verdura; che gustassero cibi sani cotti in vari modi, così si rendono conto ciò che fa bene è anche buono se lo si prepara in modo appetitoso. Parecchie mamme si sono rivolte a lui per ringraziarlo: ora i loro figli mangiano sano senza protestare. Anzi, leccandosi i baffi

Articolo: riportato integralmente da www.affariitaliani.it
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Il tabù della vecchiaia. Castellitto al Giffoni festival

Ospite attesissimo, il primo ad essere annunciato come sicuro partecipante alla 39ª edizione di Giffoni Experience, Sergio Castellitto è arrivato oggi in Cittadella per incontrare giurati, giornalisti e tutto il pubblico della piccola cittadina campana che ormai, a pieno titolo, è definita “la città del cinema”.
L’attore romano, protagonista di film indimenticabili come “Non ti muovere”, e spesso regista delle sue stesse fatiche cinematografiche, si è soffermato innanzitutto a parlare di Tabù, tema portante di questa edizione del Festival, spiegando che secondo lui «il tabù di oggi è la vecchiaia, e la televisione è il vero danno».
Parlando del suo prossimo film, “La bellezza del somaro”, che ha scritto assieme a Margaret Mazzantini e che interpreterà con Laura Morante, oltre a dirigerlo, l’attore e regista ha dichiarato che «nel film si parla si vecchiaia e morte ma in modo divertente e comico. E’ un tema serio che racconta di 17enni che non vedono l’ora di diventare grandi, e di 50enni che non sanno essere adulti e non vogliono invecchiare».
«Se oggi c’è un tabù - ha aggiunto - è quello della vecchiaia. Si consente a tutti, per fortuna, di essere gay, c’è il presidente del più
grande Paese del mondo che è nero, ma non si consente alle persone di essere vecchie. “Vecchio” è una parola che riguarda tutti ma viene usata come un’offesa. Il resto del cast del film lo stiamo definendo ma sarà sensazionale, metteremo insieme attori con esperienze diverse tra loro».
Castellitto ha accennato anche agli altri suoi progetti, tra cui “Questione di punti di vista” di Jacques Rivette, che dovrebbe andare alla Mostra del cinema di Venezia, in cui interpreta il ruolo di un manager milanese che diventa un clown. «Quando faccio un film - spiega - penso a quello che diceva Vittorio Gassman: "Se ti trovi bene sei contento. Se non ti trovi bene ma hai già firmato il contratto ti trovi bene lo stesso”. Il vero danno lo fa la televisione, che è considerata la chiesa. Parlo del rapporto che hanno le persone con la televisione, in tutti i sensi: è il vero gesto di conformismo culturale. Anche la preparazione degli attori risente di questo danno: la Tv ha consentito un’esplosione di possibilità di lavoro per tutti che ha certamente ampliato l’occupazione, ma ha anche appiattito e semplificato. Recitare è un pochino più complicato di quella cosa che si vede in televisione».

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Articolo riportato integralmente da www.cinecorriere.it

Un trauma può essere occasione di rinascita. Basta voler ricominciare.

Ebbene sì: un trauma può essere un’occasione di rinascita. Lo dicono gli esperti che suggeriscono qualche trucco

Il sesso inganna l'orologio biologico
"Continuare a fare sesso anche dopo i 50 è la miglior cura anti età perché l'organismo in questo modo viene "ingannato" e crede di essere ancora in età riproduttiva, quindi forte ed efficiente», spiega la neurobiologa francese Lucy Vincent del Centre National de la Recherche Scientifique. Aumenta anche la produzione dell'ormone della crescita e del testosterone che danno forza e tonicità ai muscoli. Libera nell'organismo endorfine euforizzanti e ossitocina, detta l'ormone riparatore. Mantiene giovane il corpo e la mente.

Sorridere non costa nulla
Il sorriso è il sistema più economico per farsi del bene. Infatti mette in moto ben 16 muscoli del viso e favorisce la produzione di endorfine, il più naturale degli analgesici. Una bella risata poi brucia calorie, tonifica gli addominali, riduce il livello di cortisolo e rinforza il sistema immunitario.
È il risultato di una ricerca presentata al congresso American Physiological Society.

Attenti alle aggressioni
«La prima indicazione, per essere e apparire a lungo giovani» spiega Nicholas Perricone, dermatologo americano esperto di anti aging, «è di limitare tutte le aggressioni infiammatorie, sia quelle esterne causate da raggi Uv, allergie, infezioni, sia quelle interne procurate da fumo, alcool e soprattutto da una scorretta alimentazione. Sono da evitare glucosio, fritti, conservanti, coloranti, che producono nell’organismo enzimi killer del collagene e radicali liberi».

Più giovani a tavola
Cinque porzioni al giorno di vegetali. È il vero segreto per invecchiare tardi e in salute. Fare il pieno quotidiano di antiossidanti, in particolare selenio e vitamine A, E e C, serve infatti a combattere i radicali liberi. In tavola non dovrebbero mancare: agrumi, alghe, cavoli e broccoli, frutti di bosco, germogli, melone, anguria, lattuga, pomodori, carciofi, cipolle, peperoni, sedano. Altra sostanza preziosa è il potassio: arricchire la dieta con banane, mandorle, albicocche, datteri serve a guadagnare energia, a bruciare gli zuccheri e a espellere l’acqua, al contrario del sale (sodio) che la trattiene. Per condire, via libera a curry, peperoncino e cannella.

Lifting sì, ma naturale
«Quattro giorni dopo l'intervento, la paziente era perfetta», dice soddisfatto il chirurgo plastico Roberto Scalco, che ha eseguito il primo lifting alle staminali in Europa, oltre a una mastoplastica additiva con la stessa tecnica, senza tagli e suture. «È iniziata l'era della chiurgia estetica naturale, cioé di interventi minimamente invasivi: pochissimi e piccoli i tagli per il lifting, nessuna incisione per aumentare il seno di una taglia. Si opera in sedazione e non serve degenza. I risultati? Naturali, insospettabili e permanenti, senza rischi di rigetto o cicatrici evidenti». Tutto ciò è possibile grazie a un esclusivo dispositivo americano (Celution System) che, dopo il prelievo di grasso della paziente, separa il nucleo delle cellule staminali che vengono reinserite dove serve "rimpolpare" i volumi.

Dormiamoci su
Un cuscino con fibre di rame pare sia l'ultima moda negli Stati Uniti per sconfiggere le rughe durante il sonno.
Secondo i ricercatori che l’hanno studiato e testato, il merito va all’emissione di ioni di rame che stimolano la produzione di collagene.

Tre trattamenti per un risultato
A volte la somma di tre trattamenti dà risultati superiori rispetto alle singole aspettative. Ne è convinto il chirurgo plastico e medico estetico Raoul Novelli che ha messo a punto un protocollo anti età per viso e décolleté che combina l'azione di luce pulsata (irradiazione luminosa che va in profondità per stimolare elastina e collagene), radiofrequenza (potente azione antiaging di ristrutturazione cutanea) ed elettroporazione (sistema per far assorbire in profondità alcuni principi attivi idratanti e nutrienti senza aghi).

Non fermarsi mai
Per dimostrare da 5 a 8 anni di meno non basta la mautenzione dal dermatologo, ci vuole anche l'attività fisica. È dimostrato infatti che l'allenamento regolare (da una camminata a un corso in palestra) può aumentare la differenza fra età cronologica ed età funzionale, rallentando il ritmo di declino fisico (di norma dell’8-9% ogni 10 anni). I benefici coinvolgono metabolismo, funzionalità ormonale, sistema cardiocircolatorio, mobilizzazione del grasso corporeo, resistenza e tonicità.

Idea spaziale

Un astronauta nello spazio invecchia in sei mesi quanto una persona sulla terra in 10 anni. Da questa considerazione Filippo Ongaro e Sonja Grevenitz, medico e psicologa dell’Agenzia Spaziale Europea, hanno dato vita al primo centro di diagnosi, cura e prevenzione degli effetti dell'invecchiamento attraverso tecniche sperimentate in medicina spaziale. L'obiettivo allo Ismerian di Treviso è migliorare la qualità della vita e allungarla con terapie anti aging e rigenerative derivate da studi di genomica, biochimica molecolare.

Articolo tratto quasi integralmente da www.corriere.it, a firma di Momi Giancolombo per "A"
Foto: http://www.flickr.com/photos/tookie/178243628/

Gli italiani non vogliono invecchiare.

Gli italiani non vogliono invecchiare, primi in Europa per filler spiana-rughe. Per numero di 'iniezioni' riempitive il nostro Paese è preceduto solamente dagli Stati Uniti. Solo di acido ialuronico si 'consumano' almeno 150 mila fiale l'anno. E il settore sembra non risentire della crisi: l'uso del botulino anti-rughe è aumentato del 30% nei primi mesi del 2009 rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Orecchie più giovani, il 'ritocchino' ultima moda. Il sangue ti fa bella: dalle piastrine un gel per ringiovanire
A citare alcuni dati della 'bellezza made in Italy' è Emanuele Bartoletti, segretario generale della Società Italiana di Medicina Estetica (Sime), intervenuto alla presentazione del XXX congresso nazionale della Sime, al via da oggi a domenica, a Roma.
Nella classifica europea dell'uso dei filler, l'Italia è seguita al secondo posto dalla Francia, al terzo dalla Spagna, al quarto dal Regno Unito. Per quanto riguarda invece i lifting, il primato nel Vecchio Continente spetta alla Francia. "In Italia sin dall'esordio delle tecniche anti-età - spiega Bartoletti - c'è sempre stato un forte terrore della chirurgia più invasiva, contrariamente invece alle tecniche più soft che da noi hanno subito preso piede, a partire dal vecchio collagene negli '80, passando per i filler permanenti, ancora molto usati nonostante quelli riassorbibili e temporanei di nuova generazione".

da: ADNKronos.com
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Però, porca miseria, quanto è bella la vita!

Intervista* di STEFANO CASELLI e DAVIDE VALENTINI ad Andrea Camilleri pubblicata da La Stampa.
Giovane è ormai una categoria dagli incerti contorni anagrafici e dalle fragili coordinate di significato. Nel ventesimo secolo giovane è stato forse chi ha avuto la possibilità di scegliere. La scelta era rivoluzione, molto spesso era errore. Sicuramente collisione. Oggi - dove tutto sembra già essere stato scelto, e anche sbagliato - contro che cosa possono collidere i giovani? Ne parliamo con Andrea Camilleri.

Lei di giovani ne ha visti invecchiare tanti...
Nel ventesimo secolo l’essere giovani comportava una libertà di collisione, il giovane aveva davanti a sé una quantità tale di rotte diverse da intraprendere, che le collisioni erano quasi inevitabili. Oggi la situazione è completamente diversa: la collisione è contro tutta la realtà che circonda un giovane. Collidere è l’unica scelta. Perché la possibilità di non collisione, nella maggior parte dei casi, oggi in Italia, è una possibilità di collusione. Il che altera sensibilmente le prospettive della gioventù, che ne ha pochissime... Cosa vede oggi un giovane? Non la nebbia e la sparizione, vede la scomparsa immediata, come un gioco di prestigio, non ha neanche il tempo di prepararsi, abituarsi psicologicamente alla perdita.

Storicamente si associa l’anzianità alla saggezza, e dunque alla memoria. Invece questo Paese che invecchia la memoria la perde. Perché? L’Italia è un paese di smemorati, non ha mai avuto memoria. Non ha il senso del suo passato. L’autonomia della memoria, per un italiano, è sì e no un mese. Se si tratta di un fatto di cronaca nera, terribile, alimentato dai vari Porta a porta, Matrix eccetera, allora la memoria persiste. Ma perché persiste? Non per il fatto in sé. Ma perché l’italiano si divide immediatamente in innocentista e colpevolista. A priori, semplicemente perché quel presunto colpevole porta i baffi o non li porta. Ha gli occhi azzurri o no. E in Italia rimangono innocentisti o colpevolisti sia che si venga condannati dalla suprema Corte di Cassazione, sia che si venga assolti. Gli italiani hanno solo memoria per le loro squadre di calcio. La vera memoria storica degli italiani è il calcio.

...farebbe bene, Andrea Camilleri, a invecchiare un po’ di più. Ho preso la vecchiaia senza nessuna crisi, sono molto pragmatico. Mi è stato dato un ticket, che si chiama nascita e dentro ci sono alcune camurrie. C’è la cosa bellissima che è la giovinezza, la maturità, poi ci sono anche le malattie, la vecchiaia e la morte. Tutto compreso nel biglietto, come dicono i bravi venditori.

E quindi è inutile ribellarsi, è nel biglietto. è inutile farsi venire l’esaurimento nervoso o la depressione perché non puoi più andare con le ragazze. Non è più cosa. Bisogna trovare altri affetti e altri sfoghi. E ci sono, ve lo assicuro.

Tuttavia veder un po’ nero credo sia doveroso nella vecchiaia. Alfieri diceva “l’umor nero del tramonto”. Non c’è bisogno di arrivare fino a quel punto, ma almeno essere un po’ pessimisti. Io, però, non riesco a esserlo. Accetto la vecchiaia fisica ma non accetto la vecchiaia mentale. Non riesco. Ho una testa malata, di trentenne che dice “Però, porca miseria, quanto è bella la vita. Si può scrivere un nuovo libro”. Forse farei bene a trattenermi un pochino.

Per leggere l'intervista integrale pubblicata da La Stampa il 1 maggio 2009 cliccare qui

Il segreto della leggerezza.

"Se volessi scegliere un simbolo augurale per l’affacciarsi al nuovo millennio, sceglierei questo: l’agile salto, improvviso, del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d’automobili arrugginite.

(…) È difficile per un romanziere rappresentare la sua idea di leggerezza, esemplificata sui casi della vita contemporanea, se non facendone l’oggetto irraggiungibile d’una quiete senza fine. È quanto ha fatto con evidenza e immediatezza Milan Kundera. Il suo romanzo L’Insostenibile Leggerezza dell’Essere è in realtà un’amara constatazione dell’Ineluttabile Pesantezza del Vivere: non solo della condizione d’oppressione disperata e all-pervading che è toccata in sorte al suo sventurato paese, ma d’una condizione umana comune anche a noi, pur infinitamente più fortunati. Il peso del vivere per Kundera sta in ogni forma di costrizione: la fitta rete di costrizioni pubbliche e private che finisce per avvolgere ogni esistenza con nodi sempre più stretti. Il suo romanzo ci dimostra come nella vita tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile. Forse solo la vivacità e la mobilità dell’intelligenza sfuggono a questa condanna: le qualità con cui è scritto il romanzo, che appartengono a un altro universo da quello del vivere.

Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei convolare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica. Le immagini di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni dalla realtà del presente e del futuro..."

Da: Italo Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il nuovo millennio, Mondadori, 1993
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100 anni e oltre!

Articolo di Marco Trabucchi tratto da GrG news

I cento anni del premio nobel Rita Levi Montalcini ci offrono lo spunto per riflettere su un traguardo raggiunto da un buon numero di nostri connazionali. Autorevoli fonti confermano infatti che l’Italia è il Paese più longevo in Europa (il vecchio continente è battuto solo dal Giappone, campione mondiale di longevità): le donne vivono mediamente 85 anni e gli uomini 80. La ricerca ha affrontato anche il tema della qualità della vita, calcolando l’aspettativa di vita all’età di 50 anni e gli anni di vita libera da malattie. Mediamente nell'Unione Europea chi ha 50 anni si aspetta di vivere 28.6 e 33.5 anni rispettivamente se è uomo o donna; l’Italia ha il primato di sopravvivenza fra i paesi europei: 30.4 anni per gli uomini e 35.3 per le donne. L’aspettativa di vita priva di disabilità è calcolata in 17.3 anni per gli uomini (il 60% della aspettativa di vita totale) e in 18.1 anni per le donne (il 54% della vita rimanente).

Ma per raggiungere questo traguardo ci sono regole di vita da seguire o è solo la genetica a condizionare la lunghezza (e la buona salute) della nostra vita? Uno studio giapponese molto serio e documentato descrive i nove fattori più importanti per raggiungere i 100 anni in buone condizioni (cioè con un adeguato livello di autonomia fisica e di capacità mentali). Pur sapendo che le differenze genetiche e di stile di vita tra noi e i giapponesi sono molte, elenco questi fattori perché ritengo possano rappresentare un’indicazione importante per tutti su quello che si deve fare al fine di invecchiare bene (anzi, molto bene!). Ecco le condizioni: fare regolare esercizio; avere una buona vista; risvegliarsi autonomamente al mattino; preservare la masticazione; non aver bevuto alcool; non aver avuto gravi cadute dopo i 95 anni; mangiare frequentemente proteine; vivere a casa propria; essere maschio. I lettori troveranno in quest’elenco alcune indicazioni che ben conoscono –come il fare esercizio fisico- perché già le abbiamo ricordate anche in questa rubrica.

Altre invece meritano qualche chiarimento per non provocare preoccupazioni inutili. In premessa è doveroso precisare che i nove fattori rappresentano il massimo e che non sono tutti indispensabili per diventare “centenari felici”. Alcuni non dipendono da noi, come l’essere maschi. A questo proposito ricordo che gli appartenenti al sesso forte sono i sopravvissuti di una pesante selezione, perché la gran parte di loro è morta prima, mentre le donne mediamente vivono più a lungo. Altri fattori dipendono solo in parte da noi, come il mantenere una buona vista; infatti se alcune malattie dell’occhio non possono essere curate, altre, come la cataratta, possono essere combattute, purchè la persona si sottometta ad un semplice intervento (che però –lo sappiamo bene- non tutti vogliono subire). Lo stesso dicasi per la masticazione; talvolta le cure odontoiatriche e protesiche sono lunghe e noiose, però permettono di mangiare in modo regolare, con una adeguata quantità di proteine, ma soprattutto quello che piace. Tra le cose che dipendono da noi (almeno in parte) vi è anche il mantenimento di un sonno regolare, con un risveglio mattutino ad un’ora stabilita, senza rimanere a letto a poltrire oltre il necessario! Sappiamo bene come l’alzarsi possa costare ad alcuni anziani; adesso però abbiamo la dimostrazione che il sacrificio -per quanto pesante- porta a vantaggi importanti. Infine lo studio giapponese valorizza la permanenza della persona anziana nel proprio domicilio. A questo fine nella nostra città si è particolarmente sviluppata l’assistenza domiciliare, in modo da permettere di restare a casa anche a persone con problemi di salute e di autonomia, perché i muri dove abbiamo vissuto per lunghi anni continuano a rappresentare una valida difesa del nostro benessere. Nello studio giapponese non si parla del tono dell’umore; noi però sappiamo che chi è sereno e sa affrontare adeguatamente il trascorrere degli anni, dando senso alla vita in ogni momento, è candidato ad una vita più lunga.

Altri studi dimostrano che, oltre all’impegno di ciascuno per vivere bene più a lungo, entrano in gioco altri fattori che soni il frutto dell’impegno della società, della politica verso i cittadini.

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Quasi dodici milioni gli italiani con più di 65 anni. Meditate gente meditate!


Italia patria dei 'grandi nonni', 13 mila ultracentenari!
Un 'esercito' in cui non mancano malanni e acciacchi, ma che continua a veder crescere le sue fila a ritmi vertiginosi: sono circa 13 mila gli italiani che hanno superato i 100 anni, e uno su quattro è addirittura in forma, nonostante le tante stagioni alle spalle. A censire il numero dei connazionali che ha spento oltre 100 candeline è Roberto Bernabei, ordinario di geriatria all'università Cattolica di Roma. Che sottolinea come - tra i 'super nonni' (cioè gli ultracentenari) - circa il 45% sia addirittura autonomo, nonostante qualche problemino, mentre il restante 55% ha bisogno di aiuto e non è in buone condizioni.

L'Italia invecchia e lo fa a ritmi più sostenuti degli altri Paesi del mondo, "Giappone escluso - precisa l'esperto - La dice lunga il fatto che nel 1900 i 'grandi nonni' italiani erano soltanto 40, oggi invece sono ben 13 mila e negli anni a venire saranno molti di più". E le donne, nel traguardo dei 100, se la cavano molto meglio degli uomini. Da un estremo all'altro dello Stivale sono loro quelle che arrivano maggiormente agli ambiti 100, fatta eccezione per la Sardegna: "L'unica Regione - spiega Bernabei - dove gli ultracentenari raggiungono il pareggio nella 'sfida' tra i due sessi".

Italia, dunque, Paese longevo come pochi. "L'unico - afferma il geriatra - dove dal 2000 la popolazione sopra i 65 anni ha superato quella tra gli zero e i 19". Un giro di boa "che ha dell'incredibile ed è senza precedenti nella storia dell'uomo". Gli over 65 sono infatti 11,5 milioni, e tra questi sono circa 3 milioni quelli che hanno superato gli 80. "E nell'intera popolazione - aggiunge Bernabei - è stato osservato che il segmento che va oltre gli 85 è quello che cresce più rapidamente". Un fattore, secondo l'esperto, sottovalutato. "La paura di perdere la salute o di soffrire di demenza - fa notare - batte qualsiasi timore, anche quello della recessione economica. Eppure nessuno parla dell'Italia che invecchia. E' come se, su questo tema, ci fosse una grande rimozione collettiva".

Fonte: ADN Kronos

Qualcuno vi ha mai chiesto di essere saggi, ora che potreste esserlo?

Giovani o vecchi che si sia al momento, finché non ci consideriamo parte della continuità della vita continueremo a considerare la vecchiaia come una cosa separata dalla corrente centrale della cultura e i vecchi come altri, in un certo senso. In una cultura non tradizionale com’è la nostra, dominata dalla tecnologia, si dà molto più valore all’informazione che non alla saggezza. Tra le due, però, c’è una differenza: l’informazione implica l’acquisizione, l’organizzazione e la distribuzione capillare dei fatti, è un immagazzinamento di dati fisici. La saggezza, invece, coinvolge un’altra funzione, altrettanto essenziale: lo svuotamento e l’acquietamento della mente, l’applicazione del cuore, la mistura alchemica di ragione e sentimento. Nella modalità “saggezza” noi non elaboriamo informazioni in maniera analitica o sequenziale: ci teniamo un passo indietro e abbiamo una visione d’insieme, distinguendo ciò che conta da ciò che non conta, soppesando il significato e la profondità delle cose. La dote della saggezza è rara, nella nostra cultura: vi si trovano più spesso persone di conoscenza che fingono di essere sagge, ma che, sfortunatamente, non hanno coltivato la qualità della mente da cui nasce davvero la saggezza.

… In una cultura in cui l’informazione è più apprezzata della saggezza, comunque, gli anziani diventano obsoleti come i computer di ieri. Il vero tesoro invece viene ignorato: la saggezza è una delle poche cose nella vita umana che non diminuisce con l’età. Tutto il resto cade via, solo la saggezza aumenta fino alla morte, se viviamo con lucidità e capacità di osservazione e ci apriamo alle molte lezioni della vita. Nelle culture tradizionali che sono rimaste immutate generazione dopo generazione il valore del “vecchio saggio” si rintraccia facilmente; in una cultura come la nostra, invece, la saggezza è ben lontana dall’essere eccitante o attraente – o necessaria – come lo è navigare in Internet. Sentiamo il dover continuare a correre se vogliamo rimanere aggiornati, imparare l’ultima versione di Windows o provare quel nuovo macchinario in palestra. Sul mio computer tenevo un adesivo che diceva: “I cani vecchi possono imparare nuovi trucchi” ma ultimamente alle volte mi chiedo: quanti nuovi trucchi voglio imparare? Quanti di quei maledetti manuali voglio ancora leggere, in questa vita? Non sarebbe più facile semplicemente essere sorpassati?

Ram Dass, Cambiamenti. Accettare la vecchiaia e riscoprirne la ricchezza, Corbaccio, 2005
Foto: courtesy of Flickr

Invecchiare senza vergogna.

Siamo circondati da vecchi che invecchiano male, e non parlo soltanto dei declini fisici e mentali, delle malattie tipiche dei nostri anni, Alzheimer in testa e Parkinson in coda.

Non parlo neanche delle prospettive di eutanasia collettiva che il declino del welfare ci prospetta, secondo il bel libro orwelliano La morte moderna di Carl-Henning Wijkmark in questi mesi da Iperborea, o le prospettive di vita obbligata anche per gli incoscienti e i morti-vivi auspicate da Ratzinger, due forme speculari di orrore che non tengono conto delle volontà dell'individuo e che esprimono amor di morte e non amor di vita. Parlo di dignità della vecchiaia, di vecchiaie a loro modo felici, nei limiti in cui può essere felice la diminuizione della capacità di azione che è tipica della vecchiaia.

Il cinema, in grazia del fenomeno del divismo, ha spesso dato della vecchiaia un'immagine un po' assurda: Gary Cooper o John Wayne o Robert Mitchum o Cary Grant o Humphrey Bogart attorno ai settant'anni dovevano comportarsi sullo schermo come se ne avessero ancora trenta o quaranta, e intrecciavano romantiche storie d'amore con attrici che davvero ne avevano venti o trenta, e le dive non erano da meno, fatte e rifatte, tinte e ritinte. Ma c'era anche un cinema, per esempio, a Hollywood i film di Howard Hawks (ricordate Un dollaro d'onore?) o di John Ford (con Wayme, James Stewart, Fonda...) o di Anthony Mann (con Stewart) o di Peckinpah (ricordate Sfida nell'Alta Sierra?) che hanno raccontato una vecchiaia che tiene testa fino all'ultimo alla malvagità del mondo, alla cattiveria degli uomini e delle società.

Si disse, e non si sbagliava, che in tutto questo c'era una sicura influenza dell'opera di Hemingway, così rilevante per l'immagine dell'eroe nel corso del Novecento, o meglio, dagli anni trenta e fino ai sessanta di quel secolo. L'eroe doveva "morire in piedi", doveva tener fronte alle avversità e fino all'ultimo difendere la propria dignità personale, la propria immagine e stima di sé, la coerenza con i propri ideali di gioventù. L'età conta e come, ci veniva suggerito, ma i suoi acciacchi non giustificavano le cadute morali, non giustificavano l'adeguamento della morale alla decadenza fisica. Si tratta di due cose diverse e che devono restare tali, ci veniva detto.

Bene, il cinema d'oggi ci racconta di vecchi che si fingono giovani, e nessuno ne avverte più il ridicolo salvo una manciata di giovani, o quando è un cinema serio ci racconta una sorta di latente lotta tra l'egoismo dei vecchi e l'egoismo dei giovani (e sono, come sappiano, i vecchi a vincere, hanno il potere e il sapere dalla loro e si fanno spietati anche di fronte a figli e nipoti pur di assicurarsi una sopravvivenza nel privilegio. I politici per primi, e magari anche i papi.

Il film più bello che si può vedere in questi giorni nelle sale - assieme a due splendide lezioni di storia come il polacco Katyn di Andrzej Wajda e l'etiope Teza di Haile Gerima - è certamente Gran Torino di Clint Eastwood, che non mi pare un capolavoro come alcuni hanno scritto, ma che è sicuramente un ottimo film. Esso racconta per l'appunto una vecchiaia che inizialmente vediamo ringhiosa, insoddisfatta, chiusa e cupa, in una città o cittadina del Mid-West , la vecchiaia di un settantanovenne vedovo con figli lontani, che non ama e anzi disprezza e da cui non è amato, e che è rimasto tra i pochi "bianchi" che si ritengono all-Americans, americani al cento per cento (anche se è d'origine polacca e si chiama Kowalski). Ha fatto la guerra di Corea (i suoi tormenti sulla violenza che ha esercitato non sono la cosa più convincente della sceneggiatura) e ha poi passato tutta la vita lavorativa alla Ford. Circondato da immigrati (anche se nati negli Usa come lui) finisce, come in un vecchio e bel film inglese di John Boorman interpretato dal nostro Mastroianni, Leone l'ultimo, per incuriosirsi dell'Altro, di quella strana famiglia di orientali che vive al suo fianco, e finisce per farsi maestro di vita anche senza volerlo di un ragazzo asiatico che non ha davanti a sé modelli maschili forti a cui rifarsi, o che lo convincano. E che ha coetanei o ragazzi più grandi di lui divisi in bande etniche di imbecille violenza.

Non sto a raccontare la trama, peraltro lineare, semplice, prevedibile almeno per chi ha frequentato il cinema americano di cui si è parlato sopra, di cui Eastwood è stato un figlio diretto (e ben più un figlio di John Ford e di John Wayne, con i quali non mi pare abbia mai lavorato, che non di Sergio Leone, che lo ha lanciato a suo tempo in alcuni meravigliosi western italici, disancorati e straniati). Né i suoi risvolti psicologici e religiosi, la dinamica dell'azione, la soluzione ovviamente tragica ma moralmente chiarissima.

Gran Torino convince più di altri film di Eastwood, dall'ideologia più contorta e all'insegna di un americanismo del genere "il nostro sistema è pur sempre il migliore". Anche se è apparentemente meno ambizioso, e senz'altro è meno costoso, è un film più chiaro, più limpido. Anche nella soluzione finale. E' un film- testamento più convincente di altri precedenti suoi film che pure avevano anch'essi del testamento. Ha un messaggio ed è un messaggio semplice e apprezzabile, che in passato ci è stato inviato da tanti, nell'arte e nella vita, e che un altro grande regista-attore americano, Orson Welles, ha sintetizzato affermando che "l'importante nella vita è invecchiare bene".

In un'epoca di vecchiaie che si arrendono e si fanno bavose o di vecchiaie che oscenamente mimano una gioventù che non hanno, non mi pare affatto che questa sia cosa di poco conto.

Articolo di Goffredo Fofi ripreso integralmente da "Il Messaggero".

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