Il segreto dei centenari? La pressione bassa.

Uccidendo il presidente americano Franklin Delano Roosevelt, fulminato da un ictus nel 1945 poco dopo la conferenza di Yalta, l'ipertensione ha cambiato i destini del mondo reduce dalla II guerra mondiale. Ma combattere la pressione alta, prima causa di morte nel pianeta, può anche allungare la vita. Lo dimostrano studi condotti sugli ultracentenari: 'supernonni' che vantano "valori di pressione bassissima nell'arco delle 24 ore, con una differenza quasi nulla tra i livelli diurni e quelli notturni". Parola di Giuseppe Mancia, direttore della Clinica medica e del Dipartimento di medicina clinica all'università degli Studi di Milano-Bicocca, intervenuto oggi nel capoluogo lombardo a un incontro promosso da Novartis per il lancio nazionale di un nuovo farmaco contro l'ipertensione.

"Quando Roosevelt morì, il New York Times gridò al 'fulmine a ciel sereno'", ricorda Mancia. "Gli americani si stupirono perché in apparenza il loro presidente stava benissimo, però i documenti ufficiali ci dicono che aveva la pressione alla stelle e già durante il summit di Yalta con Stalin soffriva di encefalopatia ipertensiva". Un aneddoto utile a ricordare come l'ipertensione alta sia un killer silenzioso. Tanto che, su 15 milioni di italiani ipertesi, almeno 3 milioni non sanno di esserlo perché non hanno alcun sintomo. Ma giocare l'anticipo, prevenendo i danni a reni, cuore e cervello prima che si manifestino, è una parola d'ordine.

"Se oggi l'aspettativa di vita media in Italia è pari a 84,1 anni per le donne e a 79,5 anni per gli uomini (ultimi dati Istat), è innanzitutto merito delle terapie contro le malattie cardiovascolari, in primo luogo di quelle contro la pressione alta - sottolinea Massimo Volpe, direttore della Cattedra di cardiologia dell'università La Sapienza di Roma - Dal 1970 a oggi abbiamo guadagnato 7 anni di vita in più, e per il 70% questo traguardo è stato determinato dalle cure contro le patologie cardiovascolari".

Ad aggiungere un'altra tessera nel puzzle dei rapporti tra pressione bassa e longevità è stato poi un recente studio italiano, firmato dal team di Giuseppe Remuzzi dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Bergamo. Gli autori hanno osservato che topi 'Ogm' privi dei recettori per l'angiotensina, sostanza chiave nella cascata di eventi che scatenano la pressione alta, vivono il 30% in più rispetto agli altri. Evidenze ottenute per ora soltanto su questi roditori 'matusalemme' geneticamente modificati per l'occasione, ma che fanno sperare in un futuro più longevo anche per gli uomini.

E soprattutto alla luce del progressivo invecchiamento della popolazione, che "nel 2050 porterà ad avere un numero di 'over 80' pari a un quarto del totale anziani", precisa Mancia, la lente di ingrandimento degli scienziati è puntata proprio sulle pillole antipertensive. Possibili 'elisir di lunga vita', anche se tutto è ancora da dimostrare con indagini ad hoc comunque già avviate.

"La ricerca si sta concentrando sulla terapia antipertensiva negli anziani ultraottantenni - continua lo specialista - e sulla possibilità di prevenire con questi trattamenti" non solo i danni cerebrali, cardiovascolari e renali, ma addirittura la demenza che interessa il 20% degli over 80. "Per esempio - conclude Mancia - uno studio in corso su aliskiren", ingrediente del medicinale presentato oggi a Milano e capofila di nuova classe terapeutica (inibitori diretti della renina), "sta valutando un possibile effetto del farmaco nella prevenzione delle disfunzioni di tipo cognitivo".

Fonte: www.adnkronos.it (adnkronos-salute)

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