Gente allegra il ciel l'aiuta (e anche la biologia ;-)

Una ricerca effettuata sul morbo di Alzheimer e sull'invecchiamento durata 15 anni suggerisce che il pensare positivo può tenere lontano la tanto temuta malattia e forse anche allungare la vita.

I risultati dello studio, che ha avuto come protagoniste le suore di un convento, sono stati pubblicati sulla rivista The Journal of Personality and Social Psychology. Che l'espressione di emozioni come la depressione o l'ostilità potessero portare a delle vere e proprie malattie è sempre stato noto. Secondo gli scienziati, uno stato emozionale negativo può avere nel tempo effetti cumulativi sul corpo.

Il professor David Snowdon, dell'Università del Kentucky, ha studiato fin dal 1986 un gruppo di 678 suore che ha accettato di sottoporsi al suo esperimento. Tutte le partecipanti allo studio si sono sottoposte a valutazioni fisiche mentali e, inoltre, hanno deciso di regalare, dopo la morte, il loro cervello al gruppo di ricerca.

Lo studio ha prodotto numerosi risultati, tra cui le prove che un ictus o un trauma cranico possono aumentare le probabilità di un individuo di soffrire di morbo di Alzheimer più tardi nel corso della vita. I risultati più interessanti sono stati ottenuti però studiando le biografie scritte da numerose suore quando avevano poco più di 20 anni.

Gli scienziati hanno trovato per prima cosa che le suore che si erano espresse in modo più complesso hanno poi avuto meno probabilità di mostrare segni di Alzheimer quando sono invecchiate. In questo modo, studiando le funzioni mentali di un individuo giovane dovrebbe essere possibile prevedere con una grande accuratezza le sue probabilità di sviluppare il morbo di Alzheimer. Gli scienziati hanno però studiato le autobiografie anche alla ricerca di parole come “felice”, “gioia”, “amore” e “speranza”. In questo modo, Snowden ha scoperto anche che le suore che hanno espresso le emozioni più positive da giovani hanno poi vissuto in media 10 anni delle altre.

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