L'arte di invecchiare

“Mettendo a confronto la gioventù e la vecchiaia, Schopenhauer soppesa minuziosamente i pro e i contro dell’una e dell’altra. La sua convinzione è che – essendo la vita una miseria, e il dolore l’unica realtà – gli aspetti negativi si distribuiscano equamente:

“Il carattere della prima metà della vita consiste in un’ansia insoddisfatta di felicità, quello della seconda metà si riduce alla preoccupazione dell’infelicità”.

Nella prima dominano illusioni, sogni e chimere, nella seconda il disinganno in cui “la nullità del tutto si rivela”.
“Nella gioventù domina l’intuizione, nella vecchiaia il pensiero, quella è l’epoca della poesia, questa piuttosto della filosofia”.

Nella prima “vi è una maggiore creatività”, nella seconda “maggior giudizio, penetrazione e fondatezza”. E se è vero che nella gioventù prevalgono giocondità e socievolezza, mentre nella seconda l’esperienza accumulata rende inclini alla misantropia; se è vero che nella prima l’energia vitale zampilla, mentre nella seconda va inesorabilmente estinguendosi come l’olio di una lampada prossima a spegnersi; è altrettanto vero che la vita è come “un tessuto ricamato, di cui ognuno può vedere il lato esterno nella prima metà della sua esistenza, e il rovescio nella seconda: quest’ultimo non è così bello, ma più istruttivo, poiché lascia riconoscere la connessione dei fili". Insomma:
“Soltanto chi diventa vecchio acquista una rappresentazione concreta e pertinente della vita, dominandola nella sua totalità e nel suo sviluppo naturale, e soprattutto considerandola, non soltanto come gli altri secondo una prospettiva iniziale, ma anche secondo quella finale, tanto da riconoscere in tal modo completamente la sua nullità”.
Insomma:
“i primi quarant’anni della nostra vita forniscono il testo, i trenta seguenti il commento, che solo ci insegna a comprendere rettamente il vero significato e la coerenza del testo, oltre che la morale e ogni finezza del medesimo”.
Non è dunque vero che la gioventù sia l’”epoca felice della vita e la vecchiaia l’epoca triste”. Né che “la sorte della vecchiaia si riduca a malattia e noia”. Al contrario: “La gioventù è trascinata dalle passioni in ogni direzione, con poca gioia e molto dolore. Esse lasciano invece riposare la fredda vecchiaia, la quale acquista ben presto un colorito e un atteggiamento contemplativo: la conoscenza infatti ci libera e ottiene la supremazia”... Il vecchio possiede dunque quella particolare tranquillità d’animo che gli consente di guardare con distacco alle lusinghe, alle stravaganze, ai dolori del mondo. “Tale calma è un’importante parte costitutiva della felicità, e propriamente anzi la sua condizione e il suo elemento essenziale”
Che fare? La conclusione del nostro coriaceo pessimista – in realtà un ottimista bene informato – è semplicissima: “Man muss nur huebsch alt werden; da gibt sich Alles”. Ovvero: “Basta solo invecchiare bene, e tutto torna”.

Dall'introduzione di Franco Volpi a Arthur Schopenhauer, L’arte di invecchiare, Adelphi, 2006. Tutte le citazioni di Schopenhauer sono tratte da Parerga e Paralipomena, (a cura di Giorgio Colli), tomo I, Adelphi, 1998. L’ultima citazione è invece tratta da una lettera personale di Schpenhauer a Sybille Mertens-Schaaffhausen, 27 novembre 1849, contenuta in Gesammelte Briefe, Bouvier, Bonn, 1978.

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