Il tabù della vecchiaia. Castellitto al Giffoni festival

Ospite attesissimo, il primo ad essere annunciato come sicuro partecipante alla 39ª edizione di Giffoni Experience, Sergio Castellitto è arrivato oggi in Cittadella per incontrare giurati, giornalisti e tutto il pubblico della piccola cittadina campana che ormai, a pieno titolo, è definita “la città del cinema”.
L’attore romano, protagonista di film indimenticabili come “Non ti muovere”, e spesso regista delle sue stesse fatiche cinematografiche, si è soffermato innanzitutto a parlare di Tabù, tema portante di questa edizione del Festival, spiegando che secondo lui «il tabù di oggi è la vecchiaia, e la televisione è il vero danno».
Parlando del suo prossimo film, “La bellezza del somaro”, che ha scritto assieme a Margaret Mazzantini e che interpreterà con Laura Morante, oltre a dirigerlo, l’attore e regista ha dichiarato che «nel film si parla si vecchiaia e morte ma in modo divertente e comico. E’ un tema serio che racconta di 17enni che non vedono l’ora di diventare grandi, e di 50enni che non sanno essere adulti e non vogliono invecchiare».
«Se oggi c’è un tabù - ha aggiunto - è quello della vecchiaia. Si consente a tutti, per fortuna, di essere gay, c’è il presidente del più
grande Paese del mondo che è nero, ma non si consente alle persone di essere vecchie. “Vecchio” è una parola che riguarda tutti ma viene usata come un’offesa. Il resto del cast del film lo stiamo definendo ma sarà sensazionale, metteremo insieme attori con esperienze diverse tra loro».
Castellitto ha accennato anche agli altri suoi progetti, tra cui “Questione di punti di vista” di Jacques Rivette, che dovrebbe andare alla Mostra del cinema di Venezia, in cui interpreta il ruolo di un manager milanese che diventa un clown. «Quando faccio un film - spiega - penso a quello che diceva Vittorio Gassman: "Se ti trovi bene sei contento. Se non ti trovi bene ma hai già firmato il contratto ti trovi bene lo stesso”. Il vero danno lo fa la televisione, che è considerata la chiesa. Parlo del rapporto che hanno le persone con la televisione, in tutti i sensi: è il vero gesto di conformismo culturale. Anche la preparazione degli attori risente di questo danno: la Tv ha consentito un’esplosione di possibilità di lavoro per tutti che ha certamente ampliato l’occupazione, ma ha anche appiattito e semplificato. Recitare è un pochino più complicato di quella cosa che si vede in televisione».

Foto: http://farm1.static.flickr.com/55/135819291_97858109c2_m.jpg
Articolo riportato integralmente da www.cinecorriere.it

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