Qualcuno vi ha mai chiesto di essere saggi, ora che potreste esserlo?

Giovani o vecchi che si sia al momento, finché non ci consideriamo parte della continuità della vita continueremo a considerare la vecchiaia come una cosa separata dalla corrente centrale della cultura e i vecchi come altri, in un certo senso. In una cultura non tradizionale com’è la nostra, dominata dalla tecnologia, si dà molto più valore all’informazione che non alla saggezza. Tra le due, però, c’è una differenza: l’informazione implica l’acquisizione, l’organizzazione e la distribuzione capillare dei fatti, è un immagazzinamento di dati fisici. La saggezza, invece, coinvolge un’altra funzione, altrettanto essenziale: lo svuotamento e l’acquietamento della mente, l’applicazione del cuore, la mistura alchemica di ragione e sentimento. Nella modalità “saggezza” noi non elaboriamo informazioni in maniera analitica o sequenziale: ci teniamo un passo indietro e abbiamo una visione d’insieme, distinguendo ciò che conta da ciò che non conta, soppesando il significato e la profondità delle cose. La dote della saggezza è rara, nella nostra cultura: vi si trovano più spesso persone di conoscenza che fingono di essere sagge, ma che, sfortunatamente, non hanno coltivato la qualità della mente da cui nasce davvero la saggezza.

… In una cultura in cui l’informazione è più apprezzata della saggezza, comunque, gli anziani diventano obsoleti come i computer di ieri. Il vero tesoro invece viene ignorato: la saggezza è una delle poche cose nella vita umana che non diminuisce con l’età. Tutto il resto cade via, solo la saggezza aumenta fino alla morte, se viviamo con lucidità e capacità di osservazione e ci apriamo alle molte lezioni della vita. Nelle culture tradizionali che sono rimaste immutate generazione dopo generazione il valore del “vecchio saggio” si rintraccia facilmente; in una cultura come la nostra, invece, la saggezza è ben lontana dall’essere eccitante o attraente – o necessaria – come lo è navigare in Internet. Sentiamo il dover continuare a correre se vogliamo rimanere aggiornati, imparare l’ultima versione di Windows o provare quel nuovo macchinario in palestra. Sul mio computer tenevo un adesivo che diceva: “I cani vecchi possono imparare nuovi trucchi” ma ultimamente alle volte mi chiedo: quanti nuovi trucchi voglio imparare? Quanti di quei maledetti manuali voglio ancora leggere, in questa vita? Non sarebbe più facile semplicemente essere sorpassati?

Ram Dass, Cambiamenti. Accettare la vecchiaia e riscoprirne la ricchezza, Corbaccio, 2005
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